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Abbiamo la mappa genetica del cancro

Più di 1300 scienziati hanno lavorato per 10 anni allo stesso progetto: creare una mappa genetica del cancro. I risultati di questo enorme lavoro internazionale sono stati pubblicati su Nature, conquistando la copertina delle rivista. Si tratta di una scoperta fondamentale per la lotta ai tumori, che consentirà di sviluppare tecnologie per la diagnosi precoce e nuove terapie.

Il Consorzio Internazionale del Genoma del Cancro (Icgc) e il consorzio statunitense Tcga si sono uniti in un progetto ambizioso: il Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes (Pcawg). I ricercatori hanno analizzato 2.600 genomi appartenenti a 38 tipi di tumore, analizzando anche aree trascurate dagli studi precedenti.

Gran parte delle analisi genetiche sui tumori si concentra su un 1% del genoma, ovvero quello con i geni che codificano per le proteine. Ciò consente di risparmiare tempo e – soprattutto – risorse, ma spinge a lasciare da parte aree che potrebbero rivelarsi importanti. Per questo motivo, il Pcawg ha analizzato il genoma nella sua totalità, comprese le regioni che regolano l’accensione dei geni.

I risultati hanno dato ragione alla scelta fatta: la regolazione dei geni determina sia la gravità del tumore sia le risposte alle diverse terapie. Ecco perché, a fronte di uno stesso tumore, certe persone reagiscono meglio e altre peggio agli stessi farmaci. In parte è causa delle unicità del paziente. In parte, però, contribuiscono degli schemi ricorrenti presenti in tutti i tumori di un certo tipo e di una certa gravità. Individuando questi schemi, è possibile prevedere quali terapie saranno più efficaci e intervenire subito nel modo migliore.

Fonte: repubblica.it

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La CRISPR ferma il deficit di ornitina transcarbamilasi

Una nuova tecnica di editing genetico ha fermato la progressione di una grave malattia genetica nei topi. La malattia è il deficit di ornitina transcarbamilasi, una patologia causata da centinaia di mutazioni nello stesso gene. Grazie alla CRISPR, gli scienziati del Penn Medicine hanno sviluppato una possibile terapia efficace su tutte le mutazioni.

Gli autori dello studio avevano già fatto un tentativo di terapia genetica, ma erano riusciti a correggere solo una mutazione. L’approccio si era dimostrato efficace nelle cavie neonate, ma non negli adulti. Questa volta, hanno sviluppato una tecnica che inserisce un mini-gene nel genoma. Il gene contiene le informazioni corrette su come codificare per l’enzima, in modo da sovrascrivere quelle sbagliate.

Il nuovo approccio è efficace sia sui cuccioli sia sugli adulti. Soprattutto, è più efficace di quello “taglia e incolla” tradizionale. Al contrario di questo, infatti, riesce a contrastare un gran numero di mutazioni insieme. In questo modo l’organismo riprende a produrre l’enzima e a sostenerlo con le funzionalità che, senza l’editing, rimarrebbero silenti. L’approccio si è dimostrato efficace sulle cavie; gli scienziati stanno lavorando all’applicazione sull’uomo.

La variante della CRISPR si avvale di un virus che fa da vettore. Al suo interno c’è una piccola porzione di gene che si aggiunge al materiale già presente. Formalmente parlando, la tecnica non corregge la mutazione; piuttosto, la sovrascrive con materiale genetico più rilevante. I geni che impediscono la produzione dell’enzima ornitina transcarbamilasi rimangono, ma ce ne sono altri che la promuovono.

Fonte: advances.sciencemag.org

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107 geni per predire la cecità da glaucoma

Un nuovo test genetico potrebbe salvare centinaia di persone dalla cecità. I ricercatori del Berghofer Medical Research Institute e della Flinders University hanno identificato 107 geni collegati al rischio di glaucoma. A partire da questa scoperta, hanno sviluppato un modo per individuare i pazienti che rischiano maggiormente di diventare ciechi.

Ad oggi, il glaucoma è la prima causa di cecità irreversibile nel mondo. Per scoprirne le cause, gli autori dello studio sono partiti dal genoma di decine di migliaia di persone nel mondo, sane e malate. Una volta analizzatine geni, hanno identificato quelli collegati allo sviluppo della malattia. In questo modo, hanno potuto sviluppare un test genetico per misurare il rischio di ammalarsi.

Il test è ancora in fase sperimentale: i ricercatori stanno cercando 20.000 volontari per portare avanti la ricerca. Se tutto dovesse andare bene, il test consentirà di misurare il rischio di ammalarsi di glaucoma. Inoltre, aiuterà a fare una stima della possibile gravità della malattia, in modo da individuare i soggetti che più rischiano di perdere la vista.

Il test potrà guarire chi è già cieco? A onor del vero, no: per il momento, non esiste una terapia risolutiva per il glaucoma. I medici possono però rallentare o fermare la progressione della malattia, almeno in buona parte dei casi. Spesso la perdita della vista è legata a una diagnosi tardiva, che rende impossibile intervenire per tempo. Il test in questione potrebbe ridurre i casi del genere, dando una diagnosi al 50% di persone affette da glaucoma che non sa ancora di esserlo.

Fonte: flinders.edu.au

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Quanti geni causano la sindrome del QT lungo?

In passato, i genetisti avevano individuato 17 geni alla base della sindrome del QT lungo. Secondo gli esperti del ClinGen, potrebbero essere molti di meno. I ricercatori hanno analizzato le prove portate dagli studi precedenti, mettendo in dubbio la validità di alcune di queste. Da quanto emerge nel nuovo studio, solo 3 dei 17 geni sarebbero associati alla forma più comune della malattia.

Tutto iniziò 20 anni fa, quando il New York Times riportò il caso di tre ragazzi morti senza apparente motivo. Studi successivi gettarono luce su una malattia cardiaca semisconosciuta, che solo nel 2019 ha ucciso circa 4000 giovani negli Stati Uniti. A detta dei ricercatori, le morti sarebbero causate da mutazioni nei geni che regolano l’attività elettrica del cuore. Tutto d’un tratto, il muscolo inizia a battere in modo irregolare o si ferma del tutto, uccidendo la persona.

La sindrome del QT lungo rimane spesso senza una diagnosi, a meno che non ci siano stati altri casi in famiglia. In casi del genere, gli esperti consigliano un test genetico per tutti i parenti più prossimi della vittima. È qui che interviene lo studio in questione, che classifica e analizza i 17 geni tradizionalmente collegati alla malattia.

Secondo le analisi, i geni che spiegano gran parte dei casi sono solo tre: KCNQ1, KCNH2 e SCN5A. Altri 4 geni sono collegati a una forma della malattia presente solo nei neonati. Gli altri 10 geni paiono invece quasi del tutto scollegati: a detta dei ricercatori, mancano sufficienti prove del loro ruolo effettivo nella malattia.

La scoperta potrebbe migliorare sia la comprensione della malattia sia la sua diagnosi precoce.

Fonte: eurekalert.org

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