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Tabella Comparativa

Aurora è un test prenatale non invasivo sicuro e affidabile, confronta la sua qualità validata con gli altri test di screening prenatale disponibili oggi in Italia.

Questa tabella è stata creata con informazioni ottenute dai siti web dei test analizzati (ultimo aggiornamento dicembre 2016)

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Parametro
Harmony
Tranquility
Panorama
Neobona
Aurora
CARATTERISTICHE DEL TEST Sensibilità (Trisomia 21,18 e 13) >99% (21) >98% (18%) >80% (13) >99,9% (21, 18, 13) >99% (21) 96,4% (18) >99% (13) >99% (21, 18, 13) >99%
Specificità (Trisomia 21,18 e 13) 99% (21, 18, 13) >99,9% (21, 18, 13) >99% (21, 18, 13) >99% (21, 18, 13) 99%
Altre Anomalie Cromosomiche No
% DNA Fetale sul referto Non dichiarato Sì 
Tasso di Ripetizione Non dichiarato <0,09% 6% 1,5% 0,1%
Tempi di refertazione Circa 15 gg dal prelievo 5/7 gg data ricezione 8/10 gg lavorativi 8 gg dal prelievo 5 giorni lavorativi
Gravidanze Gemellari/PMA/Ovodonazione Sì (nelle gemellari 21/18/13 ma NO sesso)/Sì/Sì Sì/Sì/Sì No/No/No Sì/Sì/Sì Si (no aneuploidie cromosomi sessuali)/si/sì
Tecnologia Arrays NGS - MPS Metodica SNP NGS (Whole Genome) PAIRED END NGS (Whole Genome) PAIRED END
Pubblicazioni Scientifiche a validazione del test Sì (1.677 pubblicazioni) 684 pubblicazioni 55.077 pubblicazioni Non dichiarato 678.621 pubblicazioni totali
CARATTERISTICHE DEL SERVIZIO Prelievo con  un Operatore No No No No
Medici genetisti/specialisti in Genetica Medica per informativa pre e post test Non dichiarato Non dichiarato Non dichiarato No
Aderenze linee Guida Ministeriali Non dichiarato
Rimborso Analisi Invasiva Non dichiarato Non dichiarato Si
Detraibilità Fiscale Non dichiarato Non dichiarato Non dichiarato Non dichiarato Sì, codici di esenzione in fattura
QUALITÀ DEL LABORATORIO Test effettuato con tecnologia brevettata e dove viene effettuato Sì, Ariosa Diagnostics Inc (Stati Uniti) Sì, Ginevra Sì, l'analisi viene effettuata negli Usa Sì, Spagna Sì, in Europa
           
HarmonyTranquilityPanoramaNeobonaAurora
CARATTERISTICHE DEL TEST
Sensibilità (Trisomia 21, 18 e 13)
>99% (21) >98% (18) 80% (13) >99,9% (21, 18, 13) >99,9% (21) 96,4% (18) >99% (13) >99% (21, 18, 13) 99,14% (21) 98,31% (18) 98,15% (13)
Specificità (Trisomia 21, 18 e 13)
99% (21,18,13) >99,9% (21, 18, 13) >99% (21, 18, 13) >99% (21, 18, 13) 99,94% (21) 99,9% (18) 99,95% (13)
Altre Anomalie Cromosomiche
No Si Si Si Si
% DNA Fetale sul referto
Si Si Non dichiarato Si Si (la miglior sensibilità tecnica fino a 1-2,7%)
Tasso di Ripetizione
Non dichiarato <0,09% 6% 1,5% 0,1%
Tempi di refertazione
Circa 15 gg dal prelievo 5/7 gg data ricezione 8/10 gg lavorativi 8 gg dal prelievo 5/7 giorni lavorativi
Gravidanze Gemellari/PMA/Ovodonazione
Si (nelle gemellari 21/18/13 ma NO sesso)/Si/Si Si/Si/Si No/No/No Si/Si/Si Si (21/18/13/Y)/Si/Si
Tecnologia
Arrays NGS - MPS Metodica SNP NGS (Whole Genome) PAIRED END NGS (Whole Genome)
Pubblicazione Scientifiche a validazione del test
Si (1.677 pubblicazioni) Si (684 pubblicazioni) Si (55.077 pubblicazioni) Non dichiarato 678.621 pubblicazioni totali
CARATTERISTICHE DEL SERVIZIO
Prelievo con Operatore
No No No No Si
Medici genetisti per informativa pre e post test
Non dichiarato Non dichiarato Non dichiarato No Si
Aderenze linee Guida Ministeriali
Si Si Si Non dichiarato Si
Rimborso Analisi Invasiva
Non dichiarato Non dichiarato Si Si Si, analisi effettuate da SG
Detraibilità Fiscale
Non dichiarato Non dichiarato Non dichiarato Non dichiarato Si, codici di esenzione in fattura
QUALITÀ DEL LABORATORIO
Test effettuato nel laboratorio proprietario della tecnologia
Si, Ariosa Diagnostics Inc (Stati Uniti) Si, Ginevra Si, l'analisi viene effettuata negli Usa Si, Spagna Si, Illumina Inc. (California)
Algoritmo brevettato di proprietà
Si, DANSRTM and FORTETM Non dichiarato Si, Natus Non dichiarato Si, SAFerTM Verinata Health
Certificazione di laboratorio
CLIA CE - IVD ISO 9001, ISO 13485, SIGUCERT ISO 9001, ISO 17025 e/o ISO 15189 CLIA - CAP

*Illumina internal data

Villocentesi: tutto su cos’è e a cosa serve

villocentesi

Tra le diverse tecniche di diagnosi prenatale, la villocentesi è forse una delle più invasive. Come vedremo più nel dettaglio, consiste nel prelievo di frammenti dei “villi coriali”, la parte embrionale della placenta.

La villocentesi serve a rilevare alterazioni cromosomiche, malattie genetiche specifiche, nonché la paternità del feto. Siamo però sicuri che sia sempre necessaria? Vale davvero la pena di esporre il feto a questo rischio e se sì, quando non se ne può proprio fare a meno?

Quando si fa la villocentesi

Secondo le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, la villocentesi si esegue tra l’10a e la 13a settimana di gestazione, solo in casi particolari. Pur essendo un ottimo esame diagnostico, infatti, comporta una serie di rischi per il feto.

Esamineremo i rischi più avanti nell’articolo; nel mentre, concentriamoci su quando si fa una villocentesi.

  • Dopo un test di screening non invasivo, se questo ha rilevato un rischio di anomalie cromosomiche.
  • Se il ginecologo ha riscontrato un’anomalia congenita, durante l’ecografia del primo trimestre.
  • Se sono emerse anomalie cromosomiche in una gravidanza precedente.
  • Se uno o entrambi i genitori sono affetti da una malattia genetica o ne sono portatori sani.
  • Qualora la madre abbia superato i 35 anni: dopo questa età, aumenta il rischio che si accumulino mutazioni genetiche nelle cellule uovo.

In sostanza, la villocentesi si fa quando c’è un elevato rischio di malattia genetica per il feto. Anche in questi casi, è comunque cura del medico spiegare tutti i rischi ai genitori ed esporre le eventuali alternative.

Come si svolge la villocentesi

La villocentesi si svolge in pochi secondi, senza anestesia. Prima dell’esame, il ginecologo esegue un esame ecografico che valuti:

  • vitalità dell’embrione;
  • biometria dell’embrione, ovvero quanto misura e se il suo sviluppo è nella media;
  • dov’è localizzato il chorion frondosum o corion villoso, parte della membrana più esterna dell’uovo fecondato. I villi coriali si allungano infatti al suo interno, per poi atrofizzarsi nel chorion laeve o corion calvo. Una volta individuato, il medico può scegliere dove effettuare il prelievo.

Dopodiché, il ginecologo procede come segue:

  1. disinfetta l’addome dall’ombelico al pube;
  2. delimita l’area con dei teli sterili, per evitare contaminazioni;
  3. segna il punto individuato durante l’ecografia;
  4. inserisce un ago nell’addome, che arrivi al margine del corion. Qui trancia e aspira i frammenti di villi coriali. Per farlo, si orienta mediante un’ecografia in tempo reale.

Alcuni medici usano la tecnica del doppio ago, ovvero eseguono una prima puntura con un ago un po’ più spesso. In questo modo aprono la strada fino alla placenta e, quando usano il secondo ago, la villocentesi si svolge con più facilità. Inoltre, è possibile effettuare il prelievo mediante una cannula che attraversi il collo dell’utero. Entrambe le soluzioni aumentano i rischi per il feto.

È dolorosa?

La villocentesi non è dolorosa, tant’è che la si esegue senza anestesia e dura pochi minuti. Provoca al più un lieve fastidio, quando il ginecologo inserisce l’ago. In molti casi, è più la paura del dolore che il dolore in sé.

Dopo il prelievo, è possibile che la paziente avverta qualche crampo addominale dovuto alle contrazioni uterine. Di solito, questi piccoli crampi durano al massimo 2 giorni, durante i quali si consiglia di rimanere a riposo. Dopo la villocentesi, è meglio evitare sforzi intensi ed esercizio fisico per circa una settimana.

Cosa rileva

Il campione prelevato viene subito inviato in laboratorio, dove i citogenetisti (coloro che studiano la struttura dei cromosomi) separano e lavano i villi. In questo modo si evitano contaminazioni tra il DNA dell’embrione e quello materno. Fatto questo, si passa all’analisi vera e propria.

Con la villocentesi si rilevano le seguenti informazioni.

Sindromi e anomalie cromosomiche

I medici analizzano il numero e la struttura dei cromosomi, alla ricerca di eventuali anomalie. Grazie alla villocentesi, è possibile diagnosticare tutte le trisomie più frequenti (sindrome di Down, sindrome di Edwards, sindrome di Patau).

Da qualche anno a questa parte, è disponibile anche la tecnica microarray, che consente di analizzare anche porzioni estremamente piccole di cromosomi. Di solito la si esegue in presenza di anomalie ecografiche, come ad esempio un incremento della translucenta nucale, per verificare se ci sono effettivamente delle alterazioni.

Malattie genetiche

Se è già stata diagnosticata una malattia genetica specifica a uno dei due genitori o a un familiare stretto (nonni, fratelli, cugini di primo grado), la villocentesi rileva se il feto è affetto dalla stessa patologia. La si usa anche quando uno dei due genitori è portatore sano, purché ne sia già a conoscenza.

Paternità

In casi particolari, la villocentesi consente di confrontare il DNA dell’embrione con il DNA del presunto padre.

Quali sono i rischi

Come detto sopra, la villocentesi comporta dei rischi più per il feto che per la madre. Nei 3 giorni dopo la villocentesi, c’è l’1-2% di rischio che si verifichi un aborto spontaneo. Il rischio sale al 3% se si esegue la villocentesi transcervicale, ovvero facendo passare un catetere attraverso il collo dell’utero. Inoltre, più l’esame è precoce più aumenta il rischio che la villocentesi vada male.

Alcuni studi recenti mostrano stime più ottimistiche – un aborto spontaneo ogni 800 indagini – ma il rischio rimane concreto e spesso difficile da quantificare. Data la relativa difficoltà dell’intervento, il rischio varia molto in base all’esperienza e alla bravura di chi esegue la villocentesi. Lo si può tamponare rivolgendosi a un centro di comprovata esperienza, ma annullarlo è impossibile.

Accanto al rischio di aborto spontaneo, potrebbe esserci anche il rischio che la villocentesi provochi malformazioni fetali.

Alcuni studi hanno rilevato un aumento dell’incidenza di malformazioni ad arti e viso, tra i feti sottoposti all’esame. Bisogna fare però una precisazione: i dati in proposito sono pochi e riguardano solo gli interventi più precoci. Non sono stati rilevati rischi del genere, nelle villocentesi eseguite dopo l’11a settimana.

Risultati della villocentesi: quanto bisogna aspettare?

I risultati della villocentesi arrivano dopo 20 giorni al massimo, ma molto dipende dal tipo di esame che bisogna eseguire. A seconda delle risposte che si cercano, infatti, cambiano anche le tecniche usate per analizzare il campione.

Si dice che se ci sono problemi nella villocentesi chiamano subito: non è detto. Alcuni professionisti chiamano subito per tranquillizzare i genitori, se i risultati preliminari sono buoni; altri preferiscono chiamare solo se c’è il sospetto che ci siano problemi.

Esame del cariotipo fetale

Un esame del cariotipo fetale, ovvero l’esame del numero e della struttura dei cromosomi, è relativamente lento: i risultati preliminari arrivano dopo 3 giorni, ma non sono del tutto affidabili. Per i risultati definitivi della villocentesi, bisogna aspettare 12-15 giorni.

In questo lasso di tempo, si eseguono due tipi di analisi. La prima è quella che consente di ottenere i risultati preliminari, ovvero l’analisi diretta di parte del campione; pur essendo di sicuro l’analisi più rapida, è anche la meno precisa. Per questa ragione, le altre cellule vengono messe in coltura per una seconda analisi, più lenta ma anche più affidabile.

Le cellule fetali in coltura si riproducono per circa 10 giorni, finché non sono abbastanza numerose per l’esame. A questo punto, si procede con l’osservazione e si ottengono i risultati definitivi della villocentesi.

Qualche volta, questa seconda analisi richiede più tempo del solito. I tempi della villocentesi non sono collegati alla salute del feto: il campione raccolto potrebbe essere troppo piccolo, oppure potrebbero esserci delle cellule materne che lo contaminano.

Cariotipo molecolare

Il cariotipo molecolare, che usa invece la tecnica Array-CGH, è molto più veloce. Il microarray non richiede colture cellulari, il che accorcia di molto i tempi per l’esito della villocentesi. I risultati sono pronti in massimo 5 giorni e sono più precisi dell’esame del cariotipo fetale. Al contrario di quest’ultimo, il cariotipo molecolare individua le alterazioni cromosomiche submicroscopiche, causa di malattie come la Sindrome di Williams o la Sindrome di Praeder-Willi/Angelman.

Quali sono le probabilità di falsi negativi e positivi

I falsi positivi e i falsi negativi della villocentesi sono rari: la diagnosi è affidabile circa nel 99% dei casi. La doppia analisi vista sopra serve proprio a questo: facendo moltiplicare le cellule fetali, è meno probabile sbagliarsi e analizzare le cellule materne al loro posto. Più la coltura cellulare è numerosa, meno è probabile l’errore diagnostico.

È raro che la villocentesi dia falsi positivi o falsi negativi veri e propri. I falsi positivi corrispondono a un caso ogni 500-1000 esami. La diagnosi di anormalità in feti sani è spesso collegata a mosaicismi o pseudomosaicismi: alcune cellule della placenta presentano delle anomalie, che però sono presenti solo in minima parte nel feto o sono del tutto assenti.

Circa il 30% dei casi di mosaicismo si risolve in gravidanze normali. Ecco perché, qualora la villocentesi dia risultati positivi, si procede con una consulenza genetica per cancellare qualsiasi dubbio.

La percentuale di villocentesi con falsi negativi è dello 0,2%, ancora più ridotta di quelle con falsi positivi. Non tutti i difetti genetici sono infatti rilevabili dai villi coriali. Le malformazioni di questo tipo tendono a emergere nelle settimane successive, grazie agli esami ecografici tra la 19a e la 22a settimana.

Villocentesi con risultati dubbi o assenti?

In 2 casi su 1000, la coltura cellulare si dimostra insufficiente per l’analisi. Come visto sopra, non è detto che sia un cattivo segno: può darsi che il campione sia troppo piccolo, il che impedisce di fare un’analisi precisa; ha poco a che fare con l’effettivo stato di salute del feto. Se dopo 2-4 settimane la coltura non è cresciuta abbastanza, si esegue una nuova villocentesi o un prelievo del liquido amniotico.

In circa l’1-2% dei casi, invece, la villocentesi dà risultati dubbi. In questi casi, la contaminazione con le cellule materne rende impossibile interpretare l’esito della villocentesi. Capita quasi sempre durante le analisi preliminari, prima che le cellule vengano fatte moltiplicare. Si procede quindi con ulteriori analisi e, se la moltiplicazione in vitro non basta, con un nuovo prelievo.

Qual è la differenza tra villocentesi e amniocentesi

C’è una netta differenza tra villocentesi e amniocentesi:

  • la villocentesi prevede il prelievo di un frammento di placenta, mentre con l’amniocentesi si preleva un campione di liquido amniotico;
  • la villocentesi si esegue tra la 10a e la 13a settimana di gestazione, mentre l’amniocentesi tradizionale si esegue tra la 15a e la 18a;
  • i risultati preliminari della villocentesi sono pronti in 3 giorni, mentre i risultati dell’amniocentesi richiedono 2-3 settimane;
  • il rischio abortivo collegato all’amniocentesi tradizionale è dello 0,5%, contro l’1% della villocentesi.

Negli ultimi anni è nata anche l’amniocentesi precoce, eseguibile tra l’11a e la 13a settimana di gestazione. Presuppone però qualche rischio in più e bisogna comunque aspettare più tempo per i risultati. Potendo quindi scegliere tra amniocentesi o villocentesi, si tende a preferire la seconda: nei casi in cui si sospetta una grave patologia del feto, consente di avere risultati quasi certi prima e in meno tempo.

Date le differenze, i due test diagnostici vengono spesso usati in ambiti diversi. La villocentesi è indicata per la diagnosi di eventuali malattie genetiche, ma non fornisce informazioni sui difetti di chiusura del tubo neurale e della parete addominale. Di contro, questi sono rilevabili dall’amniocentesi. Rispetto alla villocentesi, l’amniocentesi è più indicata anche per la diagnosi di malattie cromosomiche e di infezioni fetali.

Villocentesi, amniocentesi o test del DNA fetale: cosa scegliere

La scelta tra villocentesi e amniocentesi dipende dal tipo di analisi da eseguire, quindi va fatta dietro consiglio del ginecologo. Se invece il dubbio è tra villocentesi, amniocentesi e test del DNA fetale, è necessario fare un po’ di chiarezza.

Villocentesi e amniocentesi sono test prenatali diagnostici, che quindi rilevano con quasi assoluta certezza l’eventuale presenza di una malattia. Il test del DNA fetale è invece un test di screening: non diagnostica la malattia, ma misura il rischio che si presenti. Benché gli attuali test del DNA fetale siano affidabili nel 99% dei casi, non possono comunque sostituire i test prenatali diagnostici. Non del tutto, quanto meno.

Il test del DNA fetale sostituisce la villocentesi solo in parte, quando serve un controllo preliminare. Sia la villocentesi sia l’amniocentesi comportano dei rischi per il feto, mentre il test del DNA fetale è al 100% sicuro ed eseguibile dalla 10a settimana di gestazione.

L’iter consigliato prevede un primo test del DNA fetale, non invasivo e affidabile quasi al 100%. Se il rischio di anomalie cromosomiche è nullo, la futura mamma può evitare i test invasivi che metterebbero a rischio il feto. Se invece il test rileva un rischio di malattie genetiche, si procede con la villocentesi.

In questo modo, si esegue la villocentesi solo quando serve davvero, senza far correre rischi inutili al feto.

 

Test DNA fetale

test dna fetale

Il test di screening prenatale non invasivo basato sull’analisi del DNA fetale è un esame di ultima generazione sempre più diffuso. Il test DNA fetale si esegue per rilevare le principali anomalie cromosomiche in gravidanza, è adatto a tutte le gestanti e in particolar modo a coloro che presentano particolari fattori di rischio.

Il test del DNA fetale si può effettuare già dalla 10a settimana di gestazione tramite un semplice prelievo del sangue della madre. L’esame si basa sull’analisi dei frammenti di DNA del feto, che vengono prodotti dalla placenta e che, per tutta la gravidanza, circolano nel flusso sanguigno della gestante.

Il test basato sull’analisi del DNA fetale è un esame di screening prenatale non invasivo e quindi, a differenza dei test di diagnosi prenatale invasivi (come amniocentesi e villocentesi), non mette a rischio né mamma né feto.

Il test prenatale non invasivo Aurora utilizza la tecnologia di sequenziamento massivo parallelo (MPS), che permette di analizzare l’intero genoma umano per la ricerca di anomalie a carico dei cromosomi. Questa tecnologia di ultima generazione, analizzando il DNA libero circolante, è in grado di rilevare con un’affidabilità del 99,9% le principali trisomie, come la sindrome di Down (trisomia 21), la sindrome di Edwards (trisomia 18)e la sindrome di Patau (trisomia 13). Il test prenatale Aurora, in aggiunta, può determinare la presenza nel feto delle principali anomalie dei cromosomi sessuali, di tutti gli altri cromosomi non sessuali e delezioni e duplicazioni superiori a 7 Mb (CNVs).

Il test prenatale non invasivo che analizza il DNA fetale può essere effettuato da tutte le gestanti e in particolare da coloro che presentano fattori di rischio quali:

  • età materna avanzata (oltre i 35 anni);
  • familiarità con casi di anomalie cromosomiche;
  • precedenti figli affetti da anomalie cromosomiche;
  • test di screening prenatale positivo.
Qualora il test prenatale del DNA fetale fornisca un esito compatibile con la presenza di anomalie cromosomiche, lo specialista potrebbe prescrivere un esame di diagnosi prenatale invasivo per confermare l’esito.

Se vuoi eseguire un test del DNA fetale scegli Aurora

Amniocentesi: Cos’è? Scopri se ti serve o se puoi farne a meno

amniocentesi

Il termine deriva dall’unione di amnio e -centesi, dal gr. kéntēsis ‘puntura’.

Si tratta infatti di un esame di diagnosi prenatale che consiste in un prelievo di liquido amniotico (ovvero le acque che circondano il feto) svolto inserendo nella pancia della mamma un ago che attraversa la parete addominale e l’utero, fino a raggiungere l’interno del sacco amniotico.

Dal liquido amniotico prelevato (circa 15-20 ml) verranno recuperate cellule provenienti dall’embrione che saranno poi analizzate per individuare la presenza di anomalie genetiche o cromosomiche, con un’attendibilità che arriva fino al 100%.

Tra le tante decisioni da prendere, per ogni futura mamma arriva anche il momento di decidere se effettuare questo esame o meno e qui di seguito troverai gli strumenti per scegliere in modo consapevole e sereno.

Ti illustreremo tutto ciò che c’è da sapere su questa tecnica: cos’è, quali patologie permette di diagnosticare, quando farla e quando invece no, i costi, i rischi e molto altro ancora.


Amniocentesi: cosa rileva

È un esame che consente di rilevare possibili alterazioni dei cromosomi, responsabili di malattie genetiche importanti come la trisomia 21 (più conosciuta come la sindrome di Down), la fibrosi cistica, X-fragile, sordità congenita o distrofia muscolare di Duchenne. Più raramente, questo esame può essere utilizzato anche per scoprire errori del metabolismo e malattie infettive del feto.

I risultati consentono, nel 99% dei casi, di escludere o accertare diverse malattie genetiche, ma non possono identificarle tutte.


L’amniocentesi tradizionale

Tra i diversi tipi esistenti oggigiorno è la più diffusa e permette di diagnosticare le seguenti patologie:

  • Trisomia 21 (Sindrome di Down)
  • Trisomia 18 (Sindrome di Edwards)
  • Trisomia 13 (Sindrome di Patau)
  • Trisomia 8
  • Trisomia 9 a mosaico
  • Triploidia
  • Sindrome da delezione 3p
  • Sindrome da duplicazione 3q
  • Sindrome da delezione 4p (Sindrome di Wolf-Hirschhorn)
  • Sindrome da duplicazione 4q
  • Sindrome da delezione 5p (Sindrome del cri du chat)
  • Sindrome da delezione 9p
  • Sindrome da duplicazione 10q
  • Sindrome da delezione 11q
  • Sindrome da delezione 13q
  • Sindrome da duplicazione 15q
  • Sindrome da delezione 18p
  • Sindrome da delezione 18q
  • Sindrome Cat-eye
  • Sindrome XYY (doppio Y)
  • Sindrome di Klinefelter
  • Sindrome XXX (triplo X)
  • Sindrome di Turner (monosomia cromosoma X)
  • Altre anomalie numeriche

Per ricevere i risultati di questo tipo di esame, in genere, sono necessari circa 20 giorni.


Amniocentesi molecolare

Oggi è possibile esaminare i cromosomi fetali in maniera più approfondita, utilizzando il cosiddetto Cariotipo Molecolare.

L'analisi molecolare dei cromosomi permette di riscontrare patologie che non possono essere evidenziate tramite il cariotipo tradizionale, migliorando così l’accuratezza dell’esame.

Un altro aspetto degno di nota sono i tempi di attesa dei risultati, che con questo tipo di esame si accorciano notevolmente: è possibile ottenere un’analisi cromosomica approfondita in circa 3 giorni.


Amniocentesi genomica

Questo tipo di esame fornisce tutte le informazioni oggi diagnosticabili con le più recenti metodologie genomiche. È l’opzione più completa, in quanto include la diagnosi di tutte le patologie riscontrabili con l'analisi tradizionale e quella molecolare, ma comprende anche lo studio di altri 300 geni legati allo sviluppo del feto e associati a disordini di carattere ereditario. Questa diagnostica dà risposte affidabili e in tempi brevi, anche nel caso dei disordini genetici più rari.

Parla con il tuo ginecologo: potrete discutere insieme se optare per questo esame o meno e scegliere la tipologia che meglio si addice alle esigenze e alla situazione della tua gravidanza.


Amniocentesi: come si fa

Questo tipo di esame prenatale non può essere effettuato da un ginecologo qualsiasi, deve essere effettuata da uno specialista, cioè da un operatore esperto (che per essere considerato tale ne deve effettuare almeno 500 l'anno). Chiedi consiglio al tuo ginecologo sulla struttura presso cui effettuare l'esame, saprà sicuramente indirizzarti.

Per effettuare il prelievo non è necessario il ricovero della mamma, l’esame si esegue infatti in regime ambulatoriale. La procedura è la seguente: come prima cosa si effettua un’ecografia di monitoraggio del battito cardiaco, in modo da verificare l’età gestazionale e visualizzare la posizione del feto, della placenta e del liquido amniotico di cui si eseguirà il prelievo. Poi verrà disinfettata accuratamente l’area addominale e, sotto controllo ecografico, si effettuerà il prelievo.

L’amniocentesi si esegue introducendo un ago attraverso l’addome materno fino ad arrivare all’interno dell’utero, motivo per il quale è considerato un esame invasivo.

Il test si può eseguire tra la 15a e la 18a settimana di gravidanza, perché a partire da quel periodo è presente una quantità di liquido amniotico sufficiente per effettuare il prelievo e analizzare le cellule del DNA.


Quanto costa?

In un ospedale pubblico, il costo può variare dai 600 ai 700 euro per testare le più comuni malattie cromosomiche e le trisomie, mentre per esami più approfonditi si può arrivare fino a 1000 euro.

Ci sono situazioni però in cui questo esame è gratuito: sono esentate infatti tutte le donne sopra i 35 anni o i casi in cui esistono fattori di rischio per le malattie cromosomiche, come la presenza di altri figli con malattie o ereditarietà.

Il Sistema Sanitario Nazionale garantisce a queste mamme l’amniocentesi gratuita.


Amniocentesi: quando si fa

Quando fare l’amniocentesi e quando invece non farla? Bisogna sapere che si tratta di un esame di diagnosi prenatale invasivo consigliato alle donne che presentano elevati fattori di rischio di anomalie cromosomiche nel bambino. È una procedura invasiva e presenta un rischio di aborto fino allo 0,5%.

Questo tipo di esame viene solitamente prescritta alle donne che hanno:

- superato i 35 anni: ci sono più possibilità che il feto abbia patologie cromosomiche quando la madre è in età avanzata.

- familiarità con casi di anomalie cromosomiche/ereditarietà: l’esame è raccomandabile anche nel caso in cui la gestante abbia in famiglia precedenti casi di Sindrome di Down.

- effettuato il dual test (test combinati ecografici e biochimici) e riscontrato un alto indice di rischio.

- contratto malattie infettive come il citomegalovirus, il parvovirus B19, la toxoplasmosi o la rosolia.


Le tempistiche dell’amniocentesi

Esiste una tempistica precisa? Entro quando bisogna farla?

Il prelievo normalmente si esegue tra la 15a e la 18a settimana di gravidanza: nel caso decidessi di effettuarlo, segnatelo sul calendario, questo è il periodo adatto.

Esiste però anche l’amniocentesi precoce, quando si fa alla 10-14 settimana. Questa potrebbe sembrare una possibilità allettante, ma se da un lato anticipare il prelievo permette di conoscere prima lo stato di salute del tuo bambino, dall’altro comporta tutta una serie di difficoltà: il rischio di aborto è più elevato, come del resto il rischio che il liquido prelevato non sia idoneo per il test.

A volte invece il prelievo di liquido amniotico viene eseguito nell'ultimo trimestre di gravidanza, di solito per valutare la maturità fetale, nei casi di insofferenza fetale che necessitano un intervento immediato, nei casi di gravidanze a rischio o qualora si sospetti una malformazione neurologica o dell’apparato digerente.


Quando non farla

Nonostante sia ormai ritenuto un esame quasi di routine dopo i 35 anni, l'amniocentesi comporta dei rischi che non tutte le future mamme sono disposte a correre. Rischi che vale la pena considerare quando non ci sono reali motivi per ricorrere al test stesso (età avanzata, possibilità di aver contratto infezioni durante la gravidanza, malattie genetiche familiari).

È una scelta dei genitori, che valuteranno i pro e contro di un esame dai risultati affidabili, ma invasivo.

Oggi esistono diverse alternative a questo tipo di esame, semplici e per nulla rischiose: screening prenatali di ultima generazione, affidabili, veloci e precoci (effettuabili già dalla 10° settimana) per cui basta un prelievo del sangue materno.

Molte future mamme si chiedono se l’amniocentesi sia dolorosa. La maggior parte delle donne che ha vissuto questa esperienza sostiene che non sia dolorosa e che la sensazione sia più simile a un fastidio limitato al momento in cui viene inserito l’ago. Considera che la procedura dura all’incirca qualche minuto, mezzora al massimo compresa l’ecografia, e non richiede alcun tipo di anestesia.


Amniocentesi obbligatoria: chi è obbligato a fare la diagnosi prenatale invasiva

Questo non è un esame obbligatorio: nonostante in alcuni casi sia consigliato, è la futura mamma a scegliere in totale libertà se eseguirlo.


Amniocentesi o villocentesi?

La villocentesi è un altro test prenatale che permette alle mamme di valutare lo stato di salute del proprio bambino e che consiste nel prelievo dei villi coriali. Ma quali sono le differenze tra amniocentesi e villocentesi?

Anche la villocentesi si esegue per via transaddominale e permette di verificare il patrimonio cromosomico del feto.

Quest’ultima però fornisce risultati più precoci, perché si effettua tra la 12 e 14 settimana. Nel caso in cui si dovesse optare per un aborto terapeutico, questo anticipo risulterebbe prezioso, perché un aborto effettuato nelle prime 12 – 14 settimane risulterebbe molto meno pericoloso per la donna.

La differenza tra amniocentesi e villocentesi sta principalmente nel tipo di prelievo: in caso di villocentesi, l’ago entra nella placenta, più precisamente nello strato coriale, e preleva i villi che sono composti da cellule di competenza fetale.

I rischi abortivi sono gli stessi per le entrambe le tecniche.

Trovi più informazioni sulla villocentesi qui.


Rischi amniocentesi

A causa della sua invasività, questa tecnica presenta un rischio di aborto fino allo 0,5%, rischio che può essere ridotto dall’esperienza e dalla competenza del medico che effettua l’esame.


Circa 1 donna su 1000 che effettua il prelievo riscontra infezioni uterine, mentre nel 2-3% dei casi si verifica un sanguinamento vaginale, che spesso si risolve in modo spontaneo.

In casi molto rari possono accadere complicazioni come danni al bambino o alla mamma, parti prematuri o infezioni.

Nelle ore successive all’esame può succedere di avvertire dolori o piccole contrazioni. Nel caso diventassero più forti o in caso di febbre, bisogna contattare immediatamente il ginecologo.

Dopo il prelievo, è consigliato che le future mamme restino a riposo per 48-72 ore e che evitino di fare sforzi. In particolar modo nelle 24 ore dopo il prelievo si raccomanda riposo assoluto: niente lavoro né faccende di casa, vietato sostenere pesi e persino accudire gli altri figli. Prendetevi una giornata per poltrire in poltrona o guardare una serie TV stando a letto: chissà quando potrebbe ricapitarvi!


Perdite

Può succedere che l’amniocentesi sia seguita da delle perdite. Dopo aver effettuato il prelievo infatti è possibile che compaiano perdite di liquido amniotico o di sangue. Questo capita raramente, in genere non comporta altre complicazioni e solitamente non compromette la buona riuscita della gravidanza.

A volte però può essere necessario un periodo di riposo, la somministrazione di antibiotici o antispastici, o una serie di controlli ecografici ravvicinati per valutare un’eventuale riduzione del volume del liquido amniotico.

Ad ogni modo, in caso di dolori e crampi addominali, brividi accompagnati da febbre, sanguinamenti e/o perdite vaginali, è bene avvertire immediatamente il proprio medico curante.


Sintomi infezione dopo amniocentesi

Non tutte le donne presentano gli stessi sintomi in caso di infezione dopo il prelievo. Solitamente l’infezione provoca febbre, dolore addominale e secrezioni, mentre la frequenza cardiaca della mamma e del bambino feto può aumentare.


Come dormire dopo l’esame

Nei 3-4 giorni dopo il prelievo, alla futura mamma è consigliato di stare a riposo e di evitare di fare sforzi. Non preoccuparti: Il liquido amniotico è formato principalmente da urina fetale e verrà reintegrato in tempi rapidi. E dopo l’esame potrai dormire come sempre! La posizione consigliata in gravidanza è sul fianco sinistro: ti aiuterà a contrastare bruciore di stomaco e nausea, i più comuni sintomi della gravidanza.


Possibili alternative

Che tu decida di optare per questo tipo di esame o meno, sappi che prenderai di sicuro la decisione giusta! Una mamma sa sempre cosa è meglio per la salute del suo bambino.

Nel caso stessi cercando un test prenatale alternativo all’amniocentesi, affidabile e non invasivo, dai un’occhiata al test prenatale AURORA: utilizza la tecnologia più innovativa, garantisce le migliori performance e si può effettuare già dalla 10° settimana! Per fare il test basta un semplice prelievo di sangue materno, i risultati sono veloci (5 giorni lavorativi) e ha la percentuale di test da ripetere più bassa del mercato (0,1%).

Considera anche che gli altri esami svolgono indagini biochimiche sul sangue materno o misurazioni ecografiche, mentre il test AURORA analizza direttamente il DNA fetale che circola nel sangue materno, con una percentuale di attendibilità del 99,9% per le principali trisomie.

Più informazioni a questo link.

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