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Aurora magazine

Come la tecnologia del silicio influenzerà lo screening prenatale

La tecnologia del silicio è una delle branche più promettenti per sviluppare test di screening prenatale economici ed efficaci. La sua applicazione va oltre la creazione di computer più piccoli e smartphone più potenti. La possibilità di raccogliere dati velocemente e meglio, infatti, amplierà la potenza computazionale di molte delle macchine usate oggi per l’analisi del DNA.

Affinché la tecnologia attuale avanzi ancora, è necessario trovare un modo per rimpicciolire ancora i blocchi di chip. Solo a questo punto sarà possibile avere macchine grandi come quelle attuali, ma molto più potenti. Nel campo della ricerca medica e dell’erogazione di servizi per la salute, questo significherà cure personalizzate più facili ed economiche.

Gli studi sui semiconduttori stanno portando a nuove strumentazioni per l’analisi dei dati, più piccole e veloci. Oggi è possibile avere componenti in silicio grandi quanto cellule o biomolecole. Il prossimo passo sarà ottenere dei ponti tra chip e biologia, che porterà a macchine per il sequenziamento del DNA compatte e test diagnostici in miniatura. Fantascienza? Ancora per poco.

I test del DNA fetale consentono di analizzare la presenza di eventuali anomalie, causa di future patologie. Alcune aziende stanno elaborando chip fotonici in silicio in grado di leggere più molecole di DNA in parallelo. Questi sono accompagnati da sensori fatti con semiconduttori complementare a ossido metallico, che ne migliorano la qualità. In questo modo si aumenta il DNA analizzato ogni ora, con un crollo del tempo impiegato, delle risorse e dei costi. Si calcola che tutto questo porterà a un abbassamento dei costi di equipaggiamento del 50%, con macchine in grado di generare sette volte le informazioni attuali.

Fonte: mddionline.com

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Scoperto un farmaco che ferma la fibrosi cistica

Una ricerca di respiro internazionale ha rivelato una nuova possibile terapia per la fibrosi cistica. È infatti emerso che la timosina alfa 1, un immunomodulante già usato in altri ambiti, combatte l'infiammazione collegata alla malattia. La scoperta è degli studiosi dell'Università di Perugia, dell'Università San Raffaele di Roma e della George Washington University.

I medici usano la timosina alfa 1 fin dal 1979 come immunomodulante. Secondo la nuova ricerca, la molecola è in grado di correggere il difetto genetico e tissutale della fibrosi cistica. Riduce inoltre l'infiammazione che caratterizza la malattia, con conseguente miglioramento dei sintomi e della qualità della vita. Tutto questo può portare ad elaborare un nuovo tipo di trattamento, che allunghi le aspettative di vita dei malati. Infatti ad oggi, nonostante le tante scoperte fatte, un malato di fibrosi cistica non supera i quarant’anni.

La timosina alfa 1 è la versione sintetica di un peptide del timo, organo che produce alcune cellule del sistema immunitario. I ricercatori l'hanno testato su cavie affette da fibrosi cistica e su campioni di tessuti prelevati dai pazienti. Il farmaco ha corretto alcune alterazioni presenti nei bronchi e nell'intestino tenue delle cavie. Ha anche ridotto l'infiammazione e stimolato la maturazione della proteina Cftr, la cui carenza provoca la malattia.

Secondo i test, la timosina alfa 1 ferma la progressione della malattia, il che la rende un promettente agente terapeutico. È inoltre già approvata e in commercio in 35 paesi, come farmaco contro le infezioni virali e gli stati di immunodeficienza. Adesso si dovranno avviare ulteriori studi riguardanti la fibrosi cistica nello specifico, così da confermare le scoperte.

Fonte: corriere.it

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Come nasce il senso del ritmo? Mini-cervelli sintetici lo svelano

I ricercatori del Salk Institute di La Jolla, in California, hanno scoperto come nasce il ritmo. Hanno usato dei mini-cervelli sintetici, ottenuti da cellule staminali per la ricerca sulle malattie neurodegenerative. Grazie a queste nuove informazioni, potranno comprendere meglio malattie come Parkinson, autismo e SLA, che colpiscono i movimenti ritmici.

È ancora poco chiaro come milioni e milioni di connessioni neurali riescano ad assorbire e processare le informazioni. Un cervello umano è troppo complesso per studiarne il funzionamento nel suo insieme. Per questo motivo, gli scienziati hanno bisogno di modelli semplificati, che riproducano solo alcune funzioni di un vero cervello. I mini organi servono proprio a questo: si programmano cellule staminali embrionali per riprodurre segmenti di organi. Nello specifico, i ricercatori hanno ottenuto dei circuiti nervosi chiusi e autosufficienti, per studiare come si genera il senso del ritmo nei neuroni.

Il senso del ritmo è il senso innato che controlla le azioni ripetitive, come ad esempio respirare e camminare. Alcune persone hanno un senso del ritmo più sviluppato, che consente loro di distinguersi in ambito musicale o nel ballo. Anche nei più scoordinati, però, esiste un meccanismo che controlla la respirazione, la capacità di camminare e di masticare. Tutte queste sono infatti azioni ripetitive, che dipendono dall’invio di segnali ritmici da parte dei neuroni. È un meccanismo poco compreso, che quando smette di funzionare provoca malattie come il Parkinson.

I neuroscienziati californiani hanno generato i circuiti nervosi artificiali a partire da cellule nervose del midollo spinale. Ciascuno di questi circuiti conteneva circa 50.000 neuroni e cellule nervose con attività eccitatoria o inibitoria. Cambiando le proporzioni di ciascuna tipologia, i ricercatori hanno rallentato o accelerato il ritmo dei segnali inviati dai circuiti. Secondo gli scienziati il cervello regola così i diversi tipi di attività ritmica, creando dei circuiti complessi ma comunque flessibili. Se si riuscisse a padroneggiare questa stessa strategia, si potrebbero creare nuovi trattamenti contro i disturbi del movimento.

Fonte: ansa.it

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Bravo a scuola? È più probabile che si faccia le canne

Gli adolescenti studiosi sono meno attratti dalle sigarette, ma è più probabile che fumino erba e bevano. Lo rivela uno studio durato 9 anni dell'University College di Londra e pubblicato sulla rivista BMJ Open. La causa sarebbe il legame tra abilità accademiche e tendenza a sperimentare, che renderebbe anche più probabile l'avvicinarsi alle sostanze stupefacenti. Un tipo di sperimentazione, però, che potrebbe avere conseguenze anche sul lungo periodo.

I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 6000 undicenni provenienti da 838 scuole pubbliche e da 52 scuole private. Hanno sottoposto loro un questionario, cui rispondere periodicamente fino ai 20 anni e riguardante l'assunzione di tabacco, alcol e cannabis. A seconda delle risposte date, gli studiosi hanno suddiviso i partecipanti tra utilizzatori abituali e regolari, occasionali e regolari, non utilizzatori.

Gli scienziati hanno quantificato l'uso dell'alcol in base al numero di ubriacature: per i soggetti ubriacatisi più di 52 volte in un anno, hanno usato l'etichetta “consumo pericoloso”. Nel caso della cannabis, invece, hanno applicato la categoria utilizzatore precoce ai soggetti tra i 13 e i 17 anni e utilizzatore tardo per quelli tra i 18 e 20. Hanno inoltre usato le categorie di utilizzatore occasionale o abituale. Per quantificare le abilità accademiche, i ricercatori hanno usato i risultati del Key Stage 2, un test nazionale che i ragazzi effettuano a 11 anni.

Secondo le risposte ai questionari, nei primi anni dell'adolescenza i ragazzi più bravi a scuola sono stati meno propensi a fumare. In compenso, i ragazzi con i risultati scolastici più alti avevano il 25% di probabilità in più di essere utilizzatori occasionali di erba. Sempre loro, avevano il 53% di probabilità in più di essere utilizzatori abituali rispetto agli studenti meno dotati.

Durante la tarda adolescenza, i ragazzi più bravi a scuola avevano il doppio delle probabilità di consumare alcol regolarmente e abitualmente. Sempre loro, avevano il 50% in più delle probabilità di consumare cannabis occasionalmente e quasi il doppio di consumarla abitualmente.

Gli autori dello studio offrono varie possibili spiegazioni per il fenomeno. La più probabile è il legame tra intelligenza e apertura alle nuove esperienze.

Fonte: medicalxpress.com

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