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Aurora magazine

Test genetico spiega alcune morti misteriose tra gli Amish

Grazie a un test genetico, il dottor Michael Ackerman ha risolto un mistero che affliggeva due grosse famiglie Amish. Entrambi gruppi erano infatti stati colpiti da alcune morti improvvise, in apparenza senza spiegazione. Le vittime erano sempre persone molto giovani, sempre decedute in seguito a un improvviso arresto cardiaco. Quattro di questi erano fratelli morti mentre facevano esercizio fisico.

Il medico e il suo team hanno analizzato il DNA delle giovani vittime mediante un’autopsia molecolare dell’esoma. Dopodiché hanno intrecciato i dati con quelli raccolti dalle anamnesi delle famiglie. La storia delle famiglie ha rivelato un gran numero di casi simili, il che ha subito fatto pensare a una malattia ereditaria. Poiché i genitori dei ragazzi non avevano mai avuto problemi, la variante genetica doveva essere per forza recessiva. Ciò ha permesso di restringere il campo.

Tutti i ragazzi morti avevano una stessa variante nel gene RYR2, comune anche tra i parenti alla lontana colpiti dallo stesso fato. I ricercatori hanno confrontato il DNA di questi ragazzi con una seconda famiglia Amish, del tutto slegata dalla prima ma colpita dalla stessa disgrazia. I test genetici hanno individuato la stessa variante in 23 membri della famiglia, di cui 18 morti in giovane età.

Lo studio potrebbe evitare tante altre tragedie in queste famiglie. Identificando i portatori sani del gene malato, sarà possibile individuare le persone a rischio e muoversi di conseguenza una volta adulti.

Fonte: mayoclinic.org

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Nasce la app che determina la compatibilità genetica

“Sei portatore sano di questa malattia genetica?” Non è proprio una domanda da primo appuntamento. O da secondo o terzo, se è per questo. Eppure potrebbe essere una domanda cruciale per i possibili figli di un portatore sano, che potrebbero manifestare la malattia. Per questo motivo, il genetista George Church dell’Università di Harvard sta lavorando a una app che determina la compatibilità genetica.

L’applicazione comprenderà tutti i criteri classici, come luogo di residenza e hobby. Per iscriversi sarà però necessario inviare un campione di DNA, che verrà usato per un sequenziamento totale del genoma. In questo modo, ciascun profilo comprenderà anche eventuali dati su anomalie genetiche ereditabili. Che senso ha tutto questo?

Al giorno d’oggi, è raro che due persone si rendano conto subito di essere portatori sani della stessa malattia genetica. Capita quindi che decidano di fare un figlio senza essere consci del rischio, con conseguenze gravi per loro e per la prole. I test genetici prenatali servono a valutare le probabilità che il feto manifesti la malattia, ma intervengono solo a concepimento avvenuto. Il dottor Church vuole invece evitare il problema alla radice.

La sua app eviterà di mettere in contatto persone con la stessa anomalia genetica. Gli iscritti avranno la sicurezza di incontrare persone prive di anomalie o, al più, portatori di anomalie incompatibili con le loro. Non dovranno quindi preoccuparsi di trasmettere malattie genetiche terribili. Al più, useranno il test del DNA fetale per individuare eventuali anomalie cromosomiche sporadiche, come la sindrome di Down.

Fonte: washingtonpost.com

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È stato trovato il gene della calvizie

Un team della China Agricultural University ha individuato la causa genetica della calvizie ereditaria. La perdita dei capelli sarebbe il gene che codifica per la proteina Map2, l’architetto dei nostri capelli. Quando il gene non codifica come dovrebbe, i capelli si assottigliano e iniziano a cadere. Grazie alla scoperta, in futuro saremo forse in grado di fermare l’intero processo.

I ricercatori hanno usato i maiali come modelli, essendo animali con una biologia simile a quella dell’essere umano. Allo scopo, hanno selezionato sia esemplari con alopecia sia esemplari privi di questa problematica. Hanno confrontato i follicoli nei due gruppi, scoprendo così che quelli del secondo avevano una densità di follicoli di gran lunga superiore. Dopodiché, sono passati ad analizzare le differenze genetiche nelle due tipologie di esemplari.

Grazie al sequenziamento del DNA, gli scienziati hanno individuato una mutazione genetica presente solo nei maiali con l’alopecia. Gli animali in questione, mostravano un’anomalia all’interno del gene che codifica per la proteina Map2. Il cattivo funzionamento della proteina provoca il diradamento dei follicoli nel corso dello sviluppo embrionale. I follicoli rimanenti non riescono a svilupparsi nel modo giusto, il che si traduce in capelli più deboli e soggetti a cadute.

Lo studio in questione collega per la prima volta la proteina Map2 alla formazione dei follicoli. Ulteriori studi potrebbero portare ad “aggiustare” la proteina anomala, di fatto curando la calvizie. Si potrebbero usare le tecniche di editing genetico per riparare il gene danneggiato, stimolando lo sviluppo di nuovi follicoli. Fino a quel momento, bisognerà però portare pazienza.

Fonte: ansa.it

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Grazie all’editing genetico è stato creato un test ultra-sensibile per la febbre dengue

Un team del Rensselaer Polytechnic Institute ha usato le tecniche di editing genetico per migliorare la diagnosi della febbre dengue. I ricercatori hanno usato le nanotecnologie per montare alcuni frammenti di DNA, così da realizzare una forma di stella. Questa stella funge da trappola per il virus dengue, che rimane intrappolato tra i bracci. Una volta catturato, il virus viene espulso in maniera naturale e lo si può analizzare.

La nuova tecnica si è dimostrata per il momento efficace. A detta di uno degli autori dello studio, il test potrebbe essere 100 volte più sensibile dei test diagnostici attuali. Consente infatti di individuare il virus fin dal primo giorno di infezione. Soprattutto, gli scienziati sono convinti di poter usare la stessa tecnica per identificare altri virus. Perché?

Per propagarsi, i virus entrano nelle cellule e sostituiscono il proprio DNA a quello originale. Nel 2016, i dottori Robert Linhardt e Jonathan Dordick hanno realizzato un polimero sintetico che si abbina a una sequenza di acido sialico. Il virus, infatti, deve legarsi all’acido per propagarsi nei polmoni. Il polimero riesce quindi a intercettarlo e ad evitare che si diffonda. Il trattamento ha ridotto a un quarto il tasso di mortalità nelle cavie.

I polimeri hanno un difetto: talvolta sono tossici per l’organismo. Gli scienziati hanno quindi cercato una variante più sicura di questo strumento. Allo scopo, hanno usato le nanotecnologie per modificare la struttura del DNA, cercando una forma compatibile con quella del virus dengue. La stella ottenuta si lega al virus e diventa fluorescente, perfettamente visibile nelle analisi del sangue.

Fonte: phys.org

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