Recensioni verificate Soddisfatta del servizio.
Personale disponibile e gentile. Lo consiglio a tutti ...
Cliente Sorgente Genetica
logomysorgente

02  4948  5291

Aurora magazine

Ernia diaframmatica congenita: cos’è

L'ernia diaframmatica congenita è un’anomalia che colpisce circa 1 bambino ogni 2.500 - 3.500 nati vivi. Non è una malattia ereditaria se non in rarissimi casi e nel 3-5% dei casi è ricollegabile ad alterazioni cromosomiche. La diagnosi prenatale avviene intorno al 3° mese di gestazione. L’anomalia è risolvibile chirurgicamente, con un tasso di sopravvivenza del 70-75%.

Nelle prime settimane dello sviluppo addome e torace sono collegati. In condizioni normali la comunicazione si chiude entro la fine del primo trimestre. Chi ne soffre ha invece il diaframma aperto sulla sinistra, sulla destra o su entrambi i lati.  Ciò provoca il passaggio di visceri dall’addome al torace, togliendo spazio ai polmoni ed ostacolandone lo sviluppo. La causa di questo deficit nello sviluppo è ancora sconosciuta.

L’anomalia è individuabile grazie ai test di screening prenatale di routine. Di solito basta l’ecografia del secondo trimestre per evidenziare il problema. In questi casi il cuore è infatti spostato a causa dei visceri, il che permette di individuare il problema anche senza vedere il buco vero e proprio. Una volta effettuata la diagnosi, il medico effettua controlli ogni 3-4 settimane, per controllare che il feto stia bene. Nel mentre si prepara una strategia per affrontare l’anomalia.

In alcuni casi la diagnosi prenatale non avviene e l'ernia diaframmatica congenita si manifesta dopo il parto. Il bambino soffre di crisi respiratorie e la radiografia mostra la presenza dei visceri nel torace. Ci sono però soggetti con sintomi così sfumati da provocare una diagnosi tardiva, magari casuale.

Nel caso in cui ci sia una diagnosi prenatale, la cosa migliore è che nasca a termine e con parto programmato. In questo modo si garantisce la presenza di una squadra di specialisti, pronti a intervenire in caso di complicazioni. I medici tengono sotto controllo il bambino e verificano la quantità di ossigeno di cui il bambino ha bisogno. Una volta che questa raggiunge una certa stabilità, di solito dopo 48 ore di vita, intervengono chirurgicamente.

L’intervento serve per riposizionare gli organi e chiudere il diaframma. In gran parte dei casi, una volta cresciuto il bambino presenta una buona funzionalità respiratoria. I polmoni si sviluppano quasi normalmente e il bambino può vivere come tutti gli altri. C’è però il rischio che sviluppi problemi uditivi e scheletrici.