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Maternal obesity causes delay in cognitive development

In recent years, a large number of studies have shown how mother's body weight can affect a child's health. Specifically, obesity causes a large number of possible long-term damage. According to a study by the University of Texas Columbia University Mailman School of Public Health, there is also a delay in the cognitive development of the child.

The researchers followed 368 mothers and their babies for around 7 years. When the children turned 3 and 7 years old, they underwent motor and cognitive tests. In a second moment, they crossed the data with the health status of the mothers and the weight in pregnancy. To avoid polluting the data, they chose only women who lived in similar socioeconomic conditions and in similar neighborhoods.

Children born to very overweight or obese women scored the worst. In tests for calculating the IQ, they scored about 5 points less than children born to normal weight mothers. What's worse, the gap would remain even after early childhood. However, this only applies to boys: the girls did not show substantial differences on a cognitive level.

For the moment, it is unclear how obesity in pregnancy affects a child's cognitive abilities. It may be because of poor nutrition, high in fat and low in useful nutrients. According to other scholars, the reason may lie in the inflammation and metabolic stress that accompanies obesity. To give a precise answer other studies will be needed.

Source: mailman.columbia.edu

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C’è un legame tra menopausa e frequenza dei rapporti

La dottoressa Ruth Mace dell’Università College di Londra ha pubblicato uno studio sui fattori che influenzano la menopausa. Secondo lo studio, condotto su oltre 3.000 donne, avere più rapporti sessuali potrebbe ritardare il fenomeno. L’assenza di rapporti segnerebbe infatti la fine del periodo riproduttivo per l’organismo.

La fine del periodo fertile porta con sé una serie di conseguenze negative per l’organismo, che vanno ben oltre l’impossibilità di concepire. I cambiamenti ormonali provocano disagi psicologici e fisici, tra cui un incremento del rischio di osteoporosi e di malattie cardiovascolari. Per questo motivo, l’autrice dello studio ha studiato come ritardarla il più possibile. Da quanto è emerso, l’attività sessuale potrebbe aiutare a spostare in avanti il fenomeno.

Il team di ricerca ha analizzato i dati di 3.000 donne aventi circa 45 anni, raccolti nel corso di uno studio condotto tra il 1996 e il 1997. A quel tempo, nessuna delle donne era in menopausa. I ricercatori avevano inoltre intervistato le donne riguardo stato di salute, abitudini alimentari, frequenza dei rapporti sessuali e della masturbazione. Circa il 50% delle intervistate aveva dichiarato di fare sesso una volta a settimana. Dieci anni dopo, i ricercatori sono tornati a intervistarle.

Nel 2007, 1 donna su 2 era entrata in menopausa verso i 52 anni. Il tema della dottoressa Mace ha incrociato i dati con quelli raccolti nel 1997, svelando una correlazione tra età della menopausa e abitudini sessuali. Nelle donne con una vita intima attiva, le probabilità di entrare presto in menopausa si sono dimostrate inferiori del 28%. Le ragioni del fenomeno sono però poco chiare.

Secondo la co-autrice dello studio Megan Arnot, la menopausa anticipata potrebbe essere una risposta adattiva. L’assenza di rapporti sarebbe il segnale che la donna non cerca più una gravidanza, il che spingerebbe l’organismo a interrompere l’ovulazione. Al momento sono però solo congetture.

Fonte: lastampa.it

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I geni che causano l’autismo sono più di 1000

È in corso uno degli studi internazionali più ampi sull’autismo, cui partecipano anche gli scienziati della Città della Salute e dell’Università di Torino. I ricercatori hanno analizzato il DNA di circa 35.000 persone, 12.000 affette da autismo conclamato e 23.000 parenti delle stesse. Ciò ha permesso di gettare una luce sulle possibili cause genetiche dell’autismo, che potrebbero essere più di 1000.

I geni che si sospetta causino l’autismo sono più di 1000. I ricercatori hanno usato l’analisi dell’esoma per cercare tutte le mutazioni genetiche collegate alla malattia. Circa il 30% dei volontari affetti da autismo ha manifestato almeno una delle mutazioni sospette. Ciò ha permesso di confermare 102 dei geni sospetti presenti nella lista. Si tratta di un passo in avanti enorme, se consideriamo che fino a qualche anno fa i geni individuati erano solo 65.

Ciascuno dei 102 geni pare essere collegato a una forma diversa di autismo. Nonostante ciò che molti credono, infatti, sotto la voce “autismo” rientra un gran numero di condizioni. Per questo motivo, sarebbe più corretto parlare di “disturbi dello spettro autistico” piuttosto che di “autismo” al singolare. A seconda della posizione nello spettro, cambiano i sintomi e la gravità delle condizioni del paziente. Rimane ancora una domanda: da dove vengono queste mutazioni?

Le mutazioni emerse nello studio sono tutte de novo, quindi non presenti nel corredo genetico dei genitori. Ciò significa che buona parte dei disturbi dello spettro sono causati da mutazioni casuali.

Fonte: repubblica.it

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Identificati i meccanismi alla base di una nuova malattia genetica

La professoressa Ela Knapik, del Medicine at Vanderbilt University Medical Center, ha guidato uno studio su una sindrome genetica identificata da poco. La sindrome di chiama CATIFA. Il team ha mostrato come la secrezione di collagene causa una vasta gamma di sintomi. Ciò faciliterà la diagnosi della malattia e aiuterà a trovare una possibile terapia.

Il nome CATIFA è l’acronimo in inglese dei principali sintomi della sindrome: palatoschisi, cataratta, anomalie dentali, disabilità intellettiva, dimorfismo facciale, disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Tutti questi sintomi sarebbero causati dalla mutazione di un singolo gene. L’anomalia provocherebbe infatti la distruzione del collagene, provocando a catena tutti i sintomi elencati sopra.

Per provare il ruolo del gene, gli scienziati hanno usato un gruppo di pesci zebra. Gli esemplari nati con una mutazione in RIC1 mostravano deficit di collagene e anomalie scheletriche. Invece, i bambini con la corrispettiva mutazione genetica erano affetti da cataratta pediatrica, assente nei pesci. Ciononostante, un’analisi successiva ha mostrato che anche i bambini soffrivano di anomalie scheletriche.

Secondo lo studio, tutti questi sintomi sono legati alla carenza di collagene. La sostanza è infatti il componente principale della matrice extracellulare. Quando il gene RIC1 non funziona a dovere, il collagene manca e la matrice si disintegra, il che provoca un ampio spettro di sintomi. Questa osservazione potrebbe aiutare nello studio di altre malattie caratterizzate da sintomi slegati, quanto meno in apparenza. Forse, tanti di questi casi sono in realtà causati da un’unica anomalia genetica.

Fonte: mc.vanderbilt.edu

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