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Aurora magazine

Cancro al seno: solo il 18% delle persone a rischio sa di esserlo

I geni BRCA1 e BRCA2 sono tra i più importanti geni legati al rischio di tumore al seno e alle ovaie. Averli non è una condanna, anzi: sapere di essere a rischio permette di prendere tutte le contromisure necessarie. Questo può salvare la vita, specie nel caso del tumore alle ovaie. Eppure, solo il 18% delle persone portatrici dei geni BRCA sa di esserlo. Lo ha scoperto uno studio dell’Università della Pennsylvania.

Un team di ricercatori ha studiato il DNA di 50.000 persone, testandole per i geni BRCA. Di queste, 267 sono risultate portatrici dei geni, eppure solo 48 ne erano al corrente. Lo studio mette in luce quanto poco siano diffusi i test per individuare i geni che predispongono ai tumori di seno e ovaie. Ad oggi, solo coloro che hanno avuto casi in famiglia effettuano i test genetici. Eppure, non è assolutamente sufficiente.

La presenza di casi di cancro in famiglia è in effetti uno dei criteri principali per misurare il rischio di ammalarsi. A volte, però, la conoscenza della storia familiare non è abbastanza approfondita da spingere ad effettuare i test genetici. Capita quindi che alcuni portatori dei geni BRCA non sospettino in nessun modo di essere a rischio. Lo studio in Pennsylvania ha messo in evidenza proprio questo fatto.

Dei 267 portatori, alcuni sono morti prima della fine dello studio. La metà di loro se ne è andata a causa di un tumore legato ai geni BRCA. Di contro, pochissimi tra quelli vissuti abbastanza da scoprire di essere portatori ha sviluppato un tumore. Ciò è l’ennesima prova di quanto siano importanti i test genetici ai fini della prevenzione.

Fonte: medicalxpress.com

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Alzheimer: colpa degli indicatori dell’attività genetica?

Uno studio delle Università di Exeter e di Essex hanno scoperto un legame tra indicatori dell’attività genetica e Alzheimer. I meccanismi che controllano il comportamento dei geni nel cervello potrebbero essere tra le cause della malattia. Se confermata, la scoperta potrebbe aiutare a comprendere meglio lo sviluppo dell’Alzheimer e a trovare nuovi approcci terapeutici.

I ricercatori hanno analizzato i cambiamenti nell’attività genetica non causati da variazioni del codice genetico. Invece, si sono concentrati sui cosiddetti fattori epigenetici che possono essere alterati dall’ambiente. In particolare, hanno studiato un tipo di modificazione epigenetica chiamata acetilazione degli istoni. Questa altera i meccanismi di controllo dell’attività genetica e pare essere legata all’Alzheimer.

I tessuti cerebrali di pazienti affetti da Alzheimer mostravano una presenza anomala di acetilazione degli istoni. I ricercatori hanno individuato differenze soprattutto nelle regioni che controllano l’espressione di amiloide e tau. Le due proteine erano già note per il ruolo che hanno nello sviluppo della patologia. L’acetilazione degli istoni potrebbe però influenzare anche altre proteine ed essere tra le cause di ulteriori malattie.

Uno degli autori dello studio, il professor Jonathan Mill, si è detto ottimista. Saranno necessari ulteriori approfondimenti, ma i dati raccolti aprono le porte a nuovi possibili trattamenti contro l’Alzheimer. Ad esempio, potrebbe essere possibile sviluppare un farmaco che agisca sull’acetilazione degli istoni. Soprattutto, suggeriscono un approccio alternativo alla ricerca su queste malattie e sottolineano l’importanza dell’epigenetica oltre che della genetica.

Fonte: exeter.ac.uk

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I test genetici rendono più facile predire i tumori cronici del sangue

Gli scienziati del Wellcome Sanger Institute, Wellcome-MRC Cambridge Stem Cell Institute e dell’Università di Cambridge hanno reso più facile predire i tumori cronici del sangue. Il merito è della combinazione di test genetici e informazioni cliniche dei pazienti. Il mix permette di predire con precisione la prognosi dei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative. Lo studio ha inoltre identificato 8 sottogruppi genetici della malattia, legati a schemi specifici di sintomi e prognosi.

Le neoplasie mieloproliferative sono tumori del sangue che colpiscono circa 30.000 pazienti solo nel Regno Unito. Sono tumori cronici, che aumentano il rischio di emboli e sanguinamenti. In più, questi tumori possono portare a forme più avanzate di tumore, come la leucemia acuta. Di conseguenza, è fondamentale scoprire il prima possibile in che modo si evolverà il tumore. In questo modo i medici possono prescrivere trattamenti personalizzabili, che riducano i rischi.

La classificazione dei tumori cronici del sangue risale agli anni ‘50 e prevede tre categorie. Negli ultimi anni, il sistema di classificazione si è dimostrato poco accurato. Per i dottori è difficile assegnare il trattamento più adeguato ai pazienti e predire come si evolverà la loro condizione. I ricercatori hanno quindi analizzato i fattori biologici alla base di queste neoplasie, così da individuare i sottogruppi genetici e legarli alla sintomatologia clinica.

Lo studio combina informazioni genetiche di ogni singolo paziente e informazioni cliniche. Rispetto ai metodi tradizionali, questo rende più facile ottenere predizioni personalizzate. In questo modo, è anche più facile sviluppare terapie cucite su misura, piuttosto che su categorie predefinite. In futuro potrebbe rendere possibile individuare i pazienti più a rischio con ampio anticipo. L’ennesima dimostrazione delle tante possibili applicazioni dei test genetici.

Fonte: eurekalert.org

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L’editing genetico elimina la sindrome fenilchetonurica

In Svizzera tutti i nuovi nati ricevono uno screening prenatale per la sindrome fenilchetonurica o PKU. Si tratta di una malattia genetica che colpisce il metabolismo, causata da un malfunzionamento dell’enzima fenilalanina idrossilasi. Il team del professor Gerald Schwank ha usato per la prima volta la CRISPR/Cas9 per correggere i geni mutati. Per il momento la procedura è stata applicata solo a modelli animali e ha avuto pieno successo.

La PKU provoca il progressivo accumulo di fenilalanina nei tessuti, danneggiando i neuroni e provocando ritardo mentale. I ricercatori hanno usato l’editing genetico per trasferire il codice genetico corretto nelle cellule del fegato. Grazie alla procedura, hanno modificato circa il 60% delle copie anomale del gene e stimolato la produzione dell’enzima prima mancante. Di conseguenza, la fenilalanina è scesa a livelli normali e sono spariti buona parte dei sintomi.

La procedura usata è lievemente diversa da quella tradizionale ed è anche molto più efficiente. I tentativi fatti con la versione tradizionale della CRISPR sono infatti falliti. Le procedure erano state in grado di correggere solo basse percentuali di cellule. Di conseguenza, gli effetti sulle cavie erano stati molto blandi.

Per lo studio in questione, gli scienziati hanno usato virus adeno-associati per veicolare il DNA corretto. Li hanno iniettati nel sangue delle cavie, in modo da infettare le cellule del fegato e introdurre i nuovi geni. Questo stesso metodo potrebbe rivelarsi utile anche in altre malattie metaboliche, anche se è ancora da approfondire. Secondo il professor Gerald Schwank, i possibili rischi sono ridotti. Prima di passare alla sperimentazione umana, sarà comunque necessario passare da altri modelli animali.

Fonte: ethz.ch/

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