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Identificata nuova malattia genetica in un paziente umano

I ricercatori della Michigan State University College of Human Medicine hanno identificato una nuova malattia genetica in un paziente umano. La malattia era già stata descritta in modelli animali, ma i medici non avevano ancora trovato un corrispettivo nella nostra specie.

La malattia è causata da alcune mutazioni nel gene ODC1 e provoca:

  • peso elevato alla nascita;
  • testa grande
  • perdita di capelli;
  • massa muscolare ridotta;
  • lesioni della pelle;
  • perdita dell’udito;
  • ritardi nello sviluppo comportamentale.

Sul lungo periodo, il disturbo ha conseguenze sul sistema neurologico non del tutto chiare. I ricercatori le stanno ancora esaminando.

La scoperta è rilevante perché la malattia genetica era stata individuata nei topi già 20 anni fa. Il gene coinvolto gioca un ruolo importante in un gran numero di processi fisiologici e anche nello sviluppo embrionale. Secondo i ricercatori, potrebbe già esserci un farmaco efficace contro questa malattia. L’inibitore DFMO, un farmaco già approvato, potrebbe agire quanto meno contro alcuni dei sintomi principali. A breve partirà un trial clinico per mettere alla prova la cosa.

Il farmaco DFMO è stato usato per anni nel trattamento delle tripanosomiasi, malattie tropicali trasmette dagli insetti. Inoltre, i medici lo stanno testando per il trattamento del neuroblastoma pediatrico e del cancro al colon. Nei topi ha fermato la perdita di capelli e li ha fatti in parte ricrescere.

Il primo paziente della malattia senza nome è una bambina di tre anni. I medici ne hanno esaminato i campioni di sangue prelevati a 11, 19 e 32 mesi. Li hanno confrontati con quelli di due bambini della stessa età e dello stesso genere in salute.

Fonte: medicalxpress.com

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Nuovo target genetico per il trattamento della malattia renale cronica

La malattia renale cronica è una condizione patologica che provoca l’accumulo di tossine. Il team della professoressa Katalin Susztak ha studiato le varianti genetiche alla base della malattia. Hanno così scoperto nuovi particolari sullo sviluppo della malattia, che potrebbero portare ad elaborare nuovi trattamenti.

Susztak e colleghi hanno generato un atlante dei reni, con tanto di nuova definizione molecolare dei diversi tipi di cellule nei reni. Ciascun tipo di cellula ha una propria funzione, unica e non ridondante. Quando non funziona, la specifica disfunzione si può associare a dei sintomi specifici riscontrabili nella malattia renale cronica. I ricercatori hanno usato questo studio come punto di partenza per comprendere le cause di ogni singola anomalia.

I ricercatori hanno creato un database contente tutte le variazioni genetiche e le loro conseguenze. Ciascuna influenza a modo suo l’espressione delle molecole di RNA nelle cellule renali. Integrando queste informazioni con approcci più specifici, gli scienziato hanno identificato i geni e le cellule legate alla malattia. Ciò dovrebbe agevolare sia la diagnosi mediante test genetici sia la ricerca di trattamenti.

Il team ha scoperto 27 geni che potrebbero essere tra le cause della malattia renale cronica. Molti di questi si esprimevano nelle cellule dei tubuli prossimali, parte dei filtri dei reni. Servono per riassorbire i nutrienti rimasti nelle urine. I ricercatori si sono concentrati in particolare sul gene che codifica per la proteina DAB2.

Per confermare le proprie teorie, i ricercatori hanno analizzato cavie affette dalla malattia. Riducendo l’espressione del gene di DAB2, hanno migliorato le condizioni dei tubuli e migliorato le condizioni dei topi.

Fonte: uphs.upenn.edu

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Un test genetico per predire la coronaropatia

La coronaropatia è la causa principale di morte tra le persone affette da diabete di tipo 2. I medici possono valutare l’entità del rischio in maniera abbastanza precisa, se la persona soffre di diabete. Il peso, il livello di glucosio e la storia familiare sono tutti indicatori molto chiari. Secondo uno studio del Joslin Diabetes Center, i test genetici possono dare un ulteriore contributo.

Fino a poco tempo fa, era convinzione comune che le analisi genetiche servissero a poco per predire la coronaropatia. Lo studio in questione ha invece mostrato che analizzare i fattori genetici può aiutare a ottenere diagnosi più precise.

Il team del dottor Alessandro Doria ha analizzato i geni legati alla coronaropatia presenti in tutta la popolazione. In precedenza si credeva che il rischio di sviluppare la malattia derivasse da 160 locazioni geniche. I ricercatori hanno analizzato il comportamento di queste varianti nelle persone affette da diabete di tipo 2. I risultati sono stati positivi e hanno migliorato in maniera significativa la precisione delle predizioni.

Secondo lo studio, l’aggiunta dell’analisi genetica ai criteri clinici permette di anticipare le predizioni. Di conseguenza, è possibile prendere provvedimenti molto prima, così da ridurre il rischio che la malattia si manifesti. Ciononostante, il test genetico si è dimostrato poco utile per determinare il tipo di trattamento migliore.

In uno studio precedente, il dottor Doria e i colleghi avevano individuato due geni utile per decidere quali trattamenti fossero migliori. Il prossimo passo sarà quindi concentrarsi su questi due geni, così da approfondire la questione.

Fonte: eurekalert.org

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La genetica dietro i disordini neuro-comportamentali è più complessa del previsto

Uno studio del Wellcome Sanger Institute svela che le cause genetiche dietro alcuni rasi disordini neuro-comportamentali è molto più complessa di quanto si pensasse. I ricercatori hanno scoperto che alcune malattie rare sono legate a una combinazione di varianti genetiche comuni, piuttosto che a poche varianti rare. Questo rende la diagnosi e la predizione molto più complicata. In compenso, lo studio aiuterà i ricercatori a comprendere meglio malattie oggi oscure.

Prima dello studio, si pensava che certe malattie comportamentali fossero causate solo da varianti genetiche rare. Eppure, c’erano dei particolari poco chiari. In presenza di una stessa variante genetica rara, alcuni pazienti presentavano sintomi molto gravi e altri no. In alcuni casi, i sintomi erano completamente diversi.

Si pensava che le varianti genetiche comuni agissero solo su disordini altrettanto comuni: diabete, malattie cardiovascolari e via dicendo. Invece, pare che abbiano un ruolo importante anche nello sviluppo dei disordini neuro-comportamentali rari. La loro presenza agirebbe sulle varianti genetiche rare, aumentando il rischio di sviluppare malattie come schizofrenia e autismo.

I ricercatori hanno studiato il genoma di quasi 7.000 bambini affetti da una vasta gamma di disordini neuro-comportamentali. Hanno confrontato i dati con quelli di un gruppo di controllo. In particolare, hanno testato 4 milioni di variazioni genetiche comuni. In questo modo hanno scoperto che queste varianti avevano un ruolo anche nello sviluppo delle malattie rare.

Lo studio dimostra che non basta solo un gene a provocare certe malattie: il loro sviluppo è molto più complesso. Una volta scoperto questo, il prossimo passo sarà comprendere come usare la scoperta per diagnosticare e combattere queste malattie.

Fonte: sanger.ac.uk

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