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Aurora magazine

Individuate nuove cause genetiche per la distonia

Un team di ricercatori dell’Università di Cambridge, dell’UCL Great Ormond Street Institute of Child Health e del National Institute for Health Research ha individuato una nuova patologia genetica che riguarda la capacità di muoversi. La scoperta renderà più facile trattare determinate forme di distonia, che rendono difficile se non impossibile controllare i movimenti volontari.

I ricercatori si sono avvalsi delle ultime tecniche di sequenziamento del DNA, le stesse che spesso si usano per i test di screening prenatale. Hanno così individuato una mutazione nel gene KMT2B in 28 bambini affetti da distonia. Il gene in questione controlla la produzione di una proteina cruciale per il controllo dei movimenti volontari. Dal momento in cui non funziona come dovrebbe, si verificano problemi nell’espressione di altri geni responsabili delle funzioni motorie.

Alcuni dei pazienti analizzati avevano ricevuto una diagnosi errata di paralisi cerebrale. Poiché i medici stavano cercando di trattare la patologia sbagliata, i soggetti non ricevevano trattamenti per loro efficaci. In seguito alla nuova diagnosi, invece, i medici sono ricorsi a un trattamento ad hoc per i pazienti. Hanno usato la stimolazione cerebrale profonda, una tecnica che prevede la stimolazione elettrica delle regioni del cervello coinvolte nel movimento. I soggetti così trattati hanno mostrato miglioramenti notevoli e duraturi, che in un caso sono durati 6 anni. I bambini hanno ampliato la loro gamma di movimenti e alcuni hanno ripreso a camminare.

In seguito ai successi ottenuti, il team ha suggerito di inserire l’analisi del gene KMT2B tra i controlli di routine per quanti affetti da distonia. Un’operazione del genere potrebbe infatti aiutare a individuare altri casi di diagnosi sbagliata.

Fonte: medicalxpress.com

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Diagnosi precoce per la malattia di Creutzfeldt-Jakob

Un team italo-americano ha elaborato un nuovo metodo per diagnosticare la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Ha una precisione del 100% ed è utile anche per individuare altre malattie neurologiche.

Il test, infatti, è in grado di riconoscere anche Alzheimer e Parkinson. Un metodo destinato a rivoluzionare i criteri diagnostici di queste malattie, consentendo di accorciare i tempi e facilitando i trattamenti.

Fino a oggi la malattia di Creutzfeldt-Jakob era individuabile solo post mortem, mediante autopsia. Il nuovo studio prevede un primo esame del liquido cerebrospinale, cui segue quello della mucosa olfattoria. I medici prelevano la mucosa mediante un tampone nasale, indolore e senza bisogno di anestesia. Dopodiché applicano un esame di laboratorio detto Real Time Quaking-induced conversion, che necessita di pochissime cellule. L’esame rileva la presenza o meno di proteine alterate, indice della Creutzfeldt-Jakob o di altre patologie neurodegenerative.

La malattia di Creutzfeldt-Jakob è diventata famosa come il “morbo della mucca pazza”. Il morbo in questione è però solo una delle forme della malattia, tra l’altro virtualmente scomparsa. I ricercatori italiani e americani hanno invece elaborato il test per la Creutzfeldt-Jakob sporadica. La malattia di Creutzfeldt-Jakob è una patologia genetica, di cui non si conoscono le cause e al momento incurabile. Lo studio apre le porte a una diagnosi più precisa, che faciliterà la creazione di nuovi trattamenti. Il prossimo passo sarà l’elaborazione di una terapia genica e magari anche di un apposito metodo di diagnosi prenatale.

Fonte: repubblica.it

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La chiave della Lesch-Nyhan sta nel DNA di un ominide

Un nostro antenato potrebbe allungarci nuove informazioni riguardo una malattia moderna. La chiave per comprendere e forse curare la sindrome di Lesch-Nyhan era infatti nascosta nel DNA di un ominide. L’hanno scoperto alcuni ricercatori dell’Università di Parma, guidati da Riccardo Percudani e finanziati dalla Fondazione Telethon.

La sindrome di Lesch-Nyhan è una malattia che provoca l’accumulo di acido urico nel sangue. Ciò porta a sviluppare gotta, problemi renali, deficit neurologici. Si tratta di una malattia al momento priva di una terapia efficace, che colpisce in prevalenza i maschi e che si trasmette mediante cromosoma X. I ricercatori avevano già individuato l’anomalia genetica responsabile. Secondo l’ultimo studio, però, la chiave del problema potrebbe stare in una proteina oggi andata perduta.

Alcune specie animali hanno un gene addetto alla produzione di una proteina chiamata urato ossidasi. La proteina serve a evitare che l’acido urico si accumuli nel sangue, rimuovendo sul nascere le cause della sindrome di Lesch-Nyhan. Purtroppo l’essere umano ne è privo, o almeno lo è a questo punto del suo processo evolutivo.

I ricercatori hanno esaminato il patrimonio genetico di otto specie di scimmie antropomorfe, tra cui l’uomo. L’hanno quindi messo a confronto con altri vertebrati e hanno individuato il gene per l’urato ossidasi. Hanno mappato cinque mutazioni del gene nel corso dell’evoluzione degli ominidi, avvenute tra i 20 e i 30 milioni di anni fa. A questo punto hanno isolato una variante in particolare, che potrebbe funzionare in modo ottimale per gli esseri umani.

Lo studio arriva alla conclusione che l’uomo abbia perso l’urato ossidasi in maniera graduale. Lungo il processo è passato tramite una variante che potrebbe essere efficacie anche sull’uomo moderno. La scoperta potrebbe essere determinante per elaborare nuovi trattamenti per questa malattia genetica rara.

Fonte: ansa.it

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Il nuovo farmaco contro la SMA di Tipo 1 è sicuro

Un articolo pubblicato sulla rivista The Lancet riporta i risultati della fase 2 dei trial clinici del Nusinersen. Si tratta di un farmaco sperimentale pensato per la SMA, ovvero l’atrofia muscolare spinale. I test hanno dimostrato che è sicuro e ben tollerato dall’organismo. Inoltre i dati mostrano una buona efficacia clinica sui neonati affetti da SMA di Tipo 1, la forma più acuta della malattia.

I trial hanno coinvolto 20 bambini di età compresa tra le 3 settimane e i 7 mesi, tutti con un’anomalia nel gene SMN1. Questa anomalia è una delle cause della SMA. Nusinersen consiste in un pezzo di DNA elaborato in modo da stimolare la produzione della proteina SMN mancante, direttamente dentro il liquido spinale dei bambini. Questa fase della ricerca mirava a verificare la sicurezza del farmaco contro l'atrofia muscolare spinale, oltre che la sua efficacia. In tal senso, i risultati parrebbero molto positivi: Nusinersen è sufficientemente sicuro e pare rallentare la progressione della malattia.

Secondo i ricercatori, Nusinersen sarebbe riuscito addirittura a far passare i pazienti da una malattia di Tipo 1 a una di Tipo 2. In due casi, i bambini avrebbero persino cominciato a camminare, il che li farebbe passare a una SMA di Tipo 3. Ciò significa che il farmaco sarebbe in grado di allungare le aspettative di vita dei bambini, pur non curandoli in maniera definitiva. I piccoli pazienti trattati con Nusinersen paiono essere in grado di vivere più a lungo e meglio, il che sarebbe un grande passo avanti.

Prima che il farmaco sia commercializzato saranno necessari ulteriori trial. Nel mentre i ricercatori stanno cercando di espandere il programma, così da consentire a più bambini di accedervi. Il prossimo passo sarà testare sicurezza ed efficacia sui bambini dalle 6 settimane in su.

Fonte: smanewstoday.com

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