Recensioni verificate Soddisfatta del servizio.
Personale disponibile e gentile. Lo consiglio a tutti ...
Cliente Sorgente Genetica
logomysorgente

02  4948  5291

Aurora magazine

C’è un collegamento molecolare tra anemia di Fanconi e gene PTEN

Un team dell’Università di Rhode Island ha scoperto un collegamento molecolare tra l’anemia di Fanconi e il gene PTEN, uno dei fattori che stimola l’insorgere di tumori. La scoperta permette non solo di comprendere meglio le basi molecolari della malattia, ma anche di pensare nuovi trattamenti contro il cancro.

L’Anemia di Fanconi è una malattia caratterizzata da difetti congeniti, patologie del midollo osseo e aumento del rischio di cancro. Nonostante negli Stati Uniti solo 1 bambino su 150 mila nasca con l’Anemia di Fanconi, la ricerca su questa rara malattia genetica ha portato un gran numero di benefici. I medici hanno eseguito il primo trapianto di sangue cordonale su un paziente con l’Anemia di Fanconi. Gli studi su questi malati hanno portato a tecniche di trapianto del midollo più sicure ed efficaci. Hanno inoltre permesso di individuare alcuni dei geni chiave per lo sviluppo dei tumori alle ovaie e al seno. Lo studio attuale ha invece individuato un nuovo collegamento tra PTEN, il gene alla base dei tumori all’utero e alla prostata, e l’insorgere della malattia.

Il codice genetico di PTEN controlla la fosfatasi, ovvero l’enzima che rimuove i gruppi fosfati dalle proteine. Le proteine di chi soffre di anemia di Fanconi presentano però ancora i gruppi fosfati al momento dell’attivazione. Purtroppo si sa poco di come l’enzima esegue la fosfatasi, ma secondo lo studio i pazienti con la Fanconi sono molto sensibili a una classe di farmaci usati di solito per la chemioterapia. Gli scienziati hanno quindi confrontato le cellule mutate dei pazienti con anemia e le cellule affetti da un deficit di PTEN, scoprendo che sono collegate a livello molecolare.

La scoperta potrebbe aiutare sia quanti soffrono di anemia di Fanconi sia i malati di cancro. Poiché le cellule prive di PTEN sono molto sensibili ad una certa tipologia di farmaci, il test del DNA potrebbe rivelare su quali malati di cancro usarli.

Fonte: news-medical.net

Add a comment

Combattere la malattia coronarica si può

Un’analisi pubblicata sul “New England Journal of Medicine” prova che combattere la malattia coronarica è possibile. I soggetti predisposti geneticamente possono prevenire l’insorgere della malattia con uno stile di vita sano. Si calcola che la giusta alimentazione e l’alimentazione fisica possano ridurre il rischio di coronaropatia del 50% circa.

L’analisi si basa su 4 studi, che hanno coinvolto in tutto 55.000 partecipanti. Dalle analisi del genoma emergono più di 50 loci genici collegati al rischio di coronaropatia. Quando intervengono più alleli di rischio, è più facile che si verifichino incidenti coronarici di entità più o meno alta. Ciononostante, il destino non è scritto solo nel DNA: gli studi hanno provato che chi segue uno stile di vita sano soffre di un numero ridotto di incidenti cardiovascolari.

La ricerca ha analizzato i dati raccolti da 4 campioni di persone, sottoposte a 3 coorti prospettiche e a 1 studio trasversale. L’obiettivo era comprendere quanto lo stile di vita influisca su fattori genetici preesistenti. I ricercatori hanno quindi suddiviso i dati dei partecipanti prima in base alla presenza o meno di questi fattori di rischio. Dopodiché hanno rilevato determinati criteri di salubrità, quali fumo, peso, attività fisica e dieta.

I soggetti ad alto rischio genetico sono risultati aventi il 91% delle possibilità in più di incorrere in incidenti coronarici. D’altra parte, nei soggetti non fumatori, attivi e normopeso hanno rilevato un rischio inferiore del 46% rispetto a quello di fumatori, obesi e sedentari. Ciò prova che lo stile di vita può incidere pesantemente sulla salute cardiaca, anche e soprattutto in presenza di fattori genetici.

Fonte: pharmastar.it

Add a comment

Il gene che rallenta il cervello e provoca l’autismo

Gli scienziati dell’Università McMaster e del Cancer Research Institute hanno scoperto nuove alterazioni genetiche collegabili all’autismo. In particolare hanno individuato alcune anomalie nel gene DIXDC1, che intaccherebbero la crescita delle cellule cerebrali e la velocità con cui comunicano tra loro. La scoperta fornisce nuovi particolari sullo sviluppo dell’autismo, che potrebbero in futuro facilitare lo sviluppo di trattamenti specifici.

In condizioni normali, la proteina DIXDC1 manda istruzioni alle cellule del cervello, dando loro l’ordine di formare nuove sinapsi nel corso dello sviluppo. In alcuni soggetti affetti da autismo, però, ricercatori hanno individuato delle anomalie genetiche che disattivano la proteina. Ciò potrebbe ostacolare il corretto sviluppo delle sinapsi, mantenendole a uno stadio immaturo e rallentando le comunicazioni tra i vari neuroni. In seguito alla scoperta, il team si è quindi messo a lavoro per cercare un modo per riattivare DIXDC1. Se quanto ipotizzato fosse corretto, si avrebbe un potenziale trattamento contro l’autismo.

Le mutazioni in DIXDC1 sono riscontrabili solo in una piccola percentuale di pazienti. Ciononostante, sono l’ennesimo indizio di un collegamento tra autismo e anomalie nello sviluppo delle sinapsi. Altri studi hanno infatti rilevato modificazioni simile a quelle riscontrate in DIXDC1. È quindi ragionevole pensare che il ripristino dell’attività delle sinapsi potrebbe alleviare i sintomi dell’autismo. In futuro si potrebbero anche elaborare strategie personalizzate, ma saranno necessari ulteriori studi.

Fonte: sciencedaily.com

Add a comment

Approvato nuovo farmaco contro l’atrofia muscolare spinale

Le case farmaceutiche Biogen e Ionis hanno annunciato un nuovo farmaco contro l’atrofia muscolare spinale. Questa forma di atrofia è una rara patologia genetica, che solo negli Stati Uniti colpisce circa un neonato ogni 10.000. La fase 3 del farmaco ha dato esiti positivi nel trattamento dell’atrofia muscolare spinale di tipo 2. Questo apre le porte alla sua commercializzazione per tutti coloro che ne hanno bisogno.

L’atrofia muscolare spinale è una malattia genetica degenerativa, provocata da un’anomalia del gene SMN1. Colpisce i neuroni di moto e provoca una perdita progressiva del controllo dei muscoli. È una delle principali cause di morte infantile negli Stati Uniti, ciononostante non esistono ad oggi farmaci approvati che colpiscano la malattia in sé. Gran parte dei trattamenti si limita ad affrontare i sintomi e poco può contro l’avanzare della patologia.

Molte case farmaceutiche sono da anni alla ricerca di un modo per affrontare la malattia. Diverse tra queste propongono un test del DNA di entrambi i genitori o di uno solo di loro. Idealmente il test sarebbe da effettuare prima ancora del concepimento, così da comprendere quali siano i rischi di trasmettere la malattia alla prole. Se il test rivela la presenza dell’anomalia del gene SMN1 in entrambi i genitori, allora si suggerisce un ricorso alla fecondazione in vitro. Un metodo che riduce il rischio di dare alla luce bambini malati, ma che poco può per chi soffre della malattia.

Il farmaco appena approvato è stato testato sia su pazienti pre sintomatici sia su pazienti sintomatici. I trial hanno inoltre interessato l’atrofia muscolare spinale di tipo 1, 2 e 3. Tutti e tre i tipi presentano la stessa mutazione genetica, ma si manifestano ad età diverse e sono di gravità variabile. Al momento non si può ancora parlare di una cura, ma comunque di un modo per allungare l’aspettativa di vita di tanti bambini.

Fonte: medcitynews.com

Add a comment