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Aurora magazine

Il genoma umano si rimpicciolisce del 20%

I geni utili per la codifica delle proteine sono meno del previsto: il 20% del genoma umano sarebbe “inutile”. Questa porzione sarebbe composta da sequenze cadute in disuso o senza significato. La scoperta arriva dal Centro Nazionale Spagnolo di Ricerca Sul Cancro (CNIO) e potrebbe avere un grosso impatto pratico. Influenzerà infatti la ricerca su malattie genetiche e tumori, influenzandone anche le terapie.

Nel 2003 fu completata la mappa del DNA umano. La mappa comprendeva 20.000 geni codificanti, ovvero addetti alla produzione di proteine. Il CNIO ha deciso di verificare l’attendibilità di questo numero. A questo scopo ha confrontato i dati contenuti nei tre database più importanti al mondo: GENCODE/Ensembl, RefSeq e UniProtKB.

Messi insieme i tre database contengono tutti i 22.210 geni codificati, ma solo 19.446 sono presenti in tutti e tre. I ricercatori hanno quindi esaminato i restanti 2.764, confrontando i dati con evidenze sperimentali e annotazioni di altri ricercatori. È emerso che erano quasi tutti geni non codificanti o pseudogeni. A questo punto hanno esaminato anche gli altri geni, scoprendo che 1.470 considerati codificanti potrebbero non esserlo.

Il genoma avrebbe il 20% di geni non codificanti in più rispetto a quanto prospettato nel 2003. Per il momento i ricercatori hanno analizzato nel dettaglio solo parte del genoma. I geni “declassati” con sicurezza sono finora 300, alcuni dei quali anche molto studiati. Ci sono circa 100 pubblicazioni riguardanti questi geni, che danno per certo che siano codificanti. Un indizio di quanto potrebbe essere importante questa scoperta per la ricerca medica su malattie genetiche e tumori.

Fonte: ansa.it

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I test genetici sui defunti per studiare il cancro al seno

I ricercatori Jay Shendure e Lea Starita hanno analizzato quasi 4000 varianti associate al tumore al seno e alle ovaie. Per farlo hanno usato le informazioni ricavate dai test genetici su pazienti morti di cancro. I risultati miglioreranno la diagnosi precoce dei tumori e aiuteranno ad elaborare nuovi trattamenti.

Lo studio si è concentrato sulle varianti dei geni BRCA, notoriamente legati al cancro alle ovaie e al seno. Secondo i medici, alcune varianti aumentano il rischio e la pericolosità dei tumori. Altre sarebbero innocue. La gran parte, invece, hanno conseguenze ancora ignote e lasciano i pazienti in dubbio. Per questo motivo, i ricercatori hanno esaminato gli effetti di queste ultime varianti per comprenderne il ruolo.

Ci sono circa 2500 varianti del gene BRCA1 di cui non conosciamo le conseguenze. I due genetisti hanno quindi analizzato le cellule tumorali di alcuni pazienti morti. I pazienti mostravano tutti un funzionamento anomalo della proteina BRCA1, responsabile della riparazione del DNA. Hanno usato la tecnica di editing genetico CRISPRCas9 per modificare il gene e hanno analizzato le conseguenze.

Gli screening genetici effettuati hanno coperto ogni possibile variazione all’interno del gene. Per ogni variazione, i ricercatori hanno analizzato il comportamento delle cellule e la loro sopravvivenza. Nei casi nei quali erano disponibili dati clinici riguardo la variazione, li hanno combinati con i risultati dei loro test.

Idealmente, i dati raccolti dovrebbero essere combinati con altre informazioni genetiche. Non sempre, però, ci sono abbastanza dati riguardo una certa variante genetica. Ad ogni modo, lo studio ha fatto chiarezza su un gran numero di varianti prima dubbie.

Fonte: nature.com

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Nuovo marker per il tumore alla prostata aggressivo

Un gruppo di ricercatori ha scoperto un legame tra il gene ANO7 e il grado di aggressività del tumore alla prostata. Chi presenta determinate mutazioni genetiche, sarebbe più a rischio di sviluppare una forma violenta della malattia. I portatori del gene modificato avrebbero inoltre minori possibilità di sopravvivenza rispetto alla media.

Ad oggi non esistono modi per diagnosticare le forme violente di cancro alla prostata nelle prime fasi. I ricercatori hanno quindi studiato il DNA di 1.700 pazienti, confrontandolo con quello di altrettanti uomini sani. Si sono concentrati sulle mutazioni del gene ANO7, già collegato a questo tipo di tumore. Hanno così individuato delle mutazioni genetiche legate alle forme aggressive di tumore.

Secondo i ricercatori, un test genetico per il gene ANO7 potrebbe identificare i pazienti a rischio nelle prime fasi. Ciò permetterebbe di agire fin da subito con trattamenti più efficaci e meglio indirizzati. Ciononostante, il legame tra il gene e la malattia è ancora poco chiaro. Gli scienziati non sono ancora riusciti a comprendere quali sono le funzioni biologiche di ANO7. Ulteriori studi a riguardo potrebbero forse portare allo sviluppo di trattamenti che agiscano su queste funzioni.

Il team della professoressa Johanna Schleutker ha individuato una mutazione in particolare. I portatori hanno più probabilità di ammalarsi ed è più facile che sia una forma grave di tumore. Un’altra mutazione è invece legata a minori probabilità di sopravvivenza. I dati potrebbero però essere parziali.

Nonostante il campione dello studio fosse molto ampio, comprendeva solo individui caucasici. Per validare la scoperta saranno necessari studi che coinvolgano soggetti provenienti da altre zone del mondo.

Fonte: utu.fi/en

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Un test genetico per predire l’osteoporosi

Un test genetico potrebbe identificare gli individui ad alto rischio di osteoporosi e di scarsa densità minerale ossea (BMD). I ricercatori hanno identificato 899 loci genetici collegati ai problemi, dei quali 613 erano sconosciuti. La scoperta potrebbe affiancare le attuali tecniche diagnostiche, facilitando la diagnosi precoce e la prevenzione.

Lo studio ha identificato 1362 polimorfismi a singolo nucleotide, situati in 899 loci. Solo 286 di questi erano già stati identificati, mentre 613 erano del tutto nuovi. In un secondo momento, i ricercatori hanno inserito i dati in un algoritmo genetico. Combinando i dati con peso, altezza, genere ed età, l’algoritmo è stato in grado di predire la predisposizione all’osteoporosi con grande precisione.

In più, i ricercatori hanno identificato 142.417 varianti genetiche autosome e legate al cromosoma X, legate densità minerale ossea. Le più importanti erano in 4 loci –  385, 324, 336, 89 – tutti legati alla BMD. In particolare, il cromosoma 7 del locus 385 conteneva 20 polimorfismi a singolo nucleotide. Tutti e 20 erano significativi per osteoporosi e densità delle ossa.

I partecipanti con risultati bassi nell’analisi dell’algoritmo hanno manifestato cambiamenti importanti nella BMD. Molti di questi hanno avuto problemi di osteoporosi, altri di rotture improvvise legate alla scarsa densità minerale ossea. Ulteriori studi a riguardo potrebbero aiutare a sviluppare nuovi test genetici predittivi, per ridurre l’incidenza della malattia e facilitare la prevenzione.

Fonte: rheumatologyadvisor.com

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