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La nuova arma contro l’epilessia è una mappa genetica

La Federazione Italiana Epilessie ha presentato un nuovo progetto per combattere l’epilessia. I ricercatori creeranno una mappa genetica del DNA di bambini affetti da epilessia. In questo modo sarà possibile individuare eventuali anomalie cromosomiche alla base della patologia.

Lo studio potrebbe inoltre aprire la strada alla progettazione di nuovi trattamenti, pensati per essere su misura per ciascun paziente. Il progetto si concentra sulle encefalopatie epilettiche. Sono forme di epilessia precoce, che portano spesso alla disabilità e di cui è difficile individuare una causa. Si stima che in Italia oltre l’80% dei bambini e ragazzi affetti da encefalopatie epilettiche non ne conosca l’origine.

La Federazione Italiana Epilessie ha quindi selezionato 350 piccoli pazienti di cui mapperà l’esoma, la parte del genoma che contiene le informazioni relative alle caratteristiche fisiche di una persona. Infatti, molte malattie genetiche sono provocate da anomalie presenti in questa parte del DNA. Si spera che una sua mappatura sistematica, incentrata sulle variazioni collegate all’epilessia ed effettuata mediante tecnologie innovative, porti qualche risposta in più sulle cause della patologia.

L’epilessia è la malattia neurologica principale nei bambini. Una sua insorgenza precoce causa spesso deficit neurologici che si ripercuotono sulla vita adulta. Inoltre quasi il 40% dei malati non risponde ai trattamenti attuali. Ecco perché questo screening genetico ha così tanta importanza.

Fonte: pharmastar.it

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Goffi si nasce: trovata la variante genetica

La goffaggine è frutto di una mutazione genetica. L’hanno scoperto due neurologi dei National Institutes of Health, Carsten Bonnemann e Alexander Chesler. I ricercatori hanno individuato il gene che controlla la propriocezione, la capacità di percepire il nostro corpo nello spazio anche senza la vista. L’anomalia del gene provoca senso del tatto alterato e difficoltà nel muoversi in maniera armonica.

Prima di questo studio, l’anomalia genetica era stata individuata solo nei topi. Si tratta di una mutazione molto rara, che era risultata spesso letale per le cavie. I due ricercatori l’hanno osservata anche in due pazienti, affetti da una malattia ancora senza nome. I soggetti hanno 9 e 19 anni e soffrono di deformità scheletriche, senso del tatto alterato, movimenti scoordinati.

I ricercatori hanno bendato i due soggetti per testarne le capacità di muoversi al buio. I ragazzi hanno avuto difficoltà a muoversi senza cadere e a percepire il tocco di alcuni oggetti sulla pelle. Entrambi possiedono una versione mutata del gene Piezo2, che provoca le alterazioni più o meno gravi nel tatto e nella coordinazione. Bisogna ancora comprendere se c’è un legame anche con le deformità ossee.

Fonte: lastampa.it

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Approvato l’uso dell’Eteplirsen contro la distrofia di Duchenne

La Food and Drug Administration ha dato il via libera all’Eteplirsen, il primo farmaco specifico per la distrofia di Duchenne. L’approvazione del farmaco è un importante passo in avanti per quanti soffrono di questa grave patologia, che per la prima volta avranno a disposizione un trattamento apposito.

La distrofia di Duchenne è una malattia genetica rara devastante e ancora priva di una terapia. Chi ne soffre perde progressivamente tono e controllo muscolare, fino a non riuscire più a muoversi. I primi sintomi compaiono tra i 3 e i 5 anni di età e l’aspettativa di vita è molto bassa. I bambini affetti da distrofia di Duchenne muoiono infatti prima dei 30 anni, spesso a causa di problemi cardiorespiratori. Il trattamento mediante Eteplirsen si rivolge in particolare a quanti hanno una mutazione del gene che controlla la produzione di distrofina. Aumentando la produzione di distrofina, carente in questi pazienti, si dovrebbero ottenere dei benefici concreti in termini di mobilità.

Gli studi per la creazione del farmaco sono attivi da oltre 25 anni, un processo supportato dai malati e dalle famiglie. La creazione di un trattamento per una malattia rara è infatti molto complicata. La scarsità di possibili soggetti interessati rende la ricerca poco conveniente, quindi spesso più lenta. Anche per questi motivi, l’approvazione di Eteplirsen ha subito un’accelerazione, in modo che il medicinale sia disponibile solo sulla base dei primi dati. Per il momento si sa che è sicuro, ma è ancora necessario un trial di conferma per verificarne l’efficacia. Per supportare i primi risultati, si prevede di raddoppiare gli investimenti per i trial clinici entro il 2020.

Fonte: fda.gov

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Trovati gli interruttori genetici che predispongono al diabete

L'università svedese di Göteborg e la Federico II di Napoli hanno fatto un primo passo per trovare le cause genetiche del diabete. I ricercatori hanno effettuato analisi del tessuto adiposo e test del Dna su 20 svedesi, di cui la metà con un parente stretto affetto da diabete di tipo 2. Sono emerse differenze importanti tra i due gruppi, che approfondiscono il ruolo tra predisposizione genetica e condizioni ambientali.

I 20 soggetti presi in esame sono 10 donne e 10 uomini, tutti normopeso e di massimo 40 anni. Anche coloro con parenti diabetici sono perfettamente sani. Le differenze tra i due gruppi diventano evidenti solo mediante l’analisi del tessuto adiposo e il test del Dna. I soggetti con parenti diabetici hanno cellule del tessuto adiposo molto più grandi del normale, con un funzionamento quindi anomalo. Ciò porta i tessuti a immagazzinare meno grasso del necessario. Il grasso rimanente entra in circolazione e si deposita sugli organi interni, instaurando l’insulinoresistenza. Alla lunga, questa condizione provoca l’emergere del diabete. I soggetti sono però sani: perché? Come mantenere questo stato di salute?

Per il manifestarsi del diabete sono fondamentali sia il codice genetico che quello epigenetico. Il codice genetico è quello che provoca le caratteristiche fisiche che predispongono al diabete. Il codice epigenetico, invece, è composto da una serie di marker che agiscono sul Dna, attivando o disattivando i geni. Al contrario del codice genetico, è possibile influenzare il codice epigenetico mediante fattori ambientali come l’alimentazione e l’attività fisica. Ciò significa che si può essere a rischio diabete, ma che si può anche evitare l’effettivo sviluppo della malattia mediante un corretto stile di vita.

Lo studio italo-svedese è solo preliminare, ma è comunque un primo passo. In futuro si potranno sviluppare bio marcatori predittivi, che consentano di individuare i fattori di rischio della malattia mediante una sola goccia di sangue. Saranno test del Dna non invasivi, per i quali la biopsia sarà inutile. C’è però ancora molta strada da fare.

Fonte: repubblica.it

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