Recensioni verificate Soddisfatta del servizio.
Personale disponibile e gentile. Lo consiglio a tutti ...
Cliente Sorgente Genetica
logomysorgente

02  4948  5291

Aurora magazine

Cardiomiopatie pediatriche: individuata nuova causa genetica

Un team di ricerca internazionale ha identificato un nuovo gene responsabile delle cardiomiopatie pediatriche. Il gene potrebbe essere coinvolto anche nello sviluppo di forme più tarde della malattia. La cardiomiopatia comporta il deterioramento del muscolo cardiaco, che non riesce più a contrarsi. Nel 40% dei casi porta alla morte entro cinque anni dalla diagnosi.

La ricerca parte dall’analisi dell’esoma, la parte del genoma che produce le proteine. Nei bambini affetti da una forma di cardiomiopatia ad esordio precoce, l’esoma mostra una mutazione nel gene alpha-kinase 3. Il gene si eredita sia dal madre che dalla madre e, quando entrambi sono portatori sani della mutazione, c’è il 25% delle possibilità che il bambino sviluppi la malattia in età precoce. La malattia si manifesta anche in quanti hanno solo una copia del gene mutato, ma in età più tarda. L’individuazione di alpha-kinase 3 permette di effettuare test predittivi e prenatali, oltre che di sviluppare trattamenti precoci.

I ricercatori hanno studiato cinque bambini affetti da cardiomiopatia, tutti con background etnici diversi. Le famiglie si erano già sottoposte a screening per altre mutazioni collegate alla malattia. In quattro casi la malattia era stata identificata già nel feto, mentre il quinto aveva sviluppato i sintomi solo a quattro anni. Tre dei bambini sono morti tra la trentacinquesima settimana di gestazione e il quinto giorno di vita. Gli altri due erano ancora vivi a 11 anni, benché affetti da una grave forma di cardiomiopatia.

La scoperta del ruolo di alpha-kinase 3 potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci, da somministrare subito dopo la nascita. I ricercatori teorizzano un suo coinvolgimento nello sviluppo delle proteine del muscolo cardiaco, ma anche in quello scheletrico. In più potrebbe essere collegato anche all’ipertrofia muscolare.

Fonte: sciencedaily.com

Add a comment

Un solo gene per sconvolgere una famiglia

Lisa Genova, neuropsichiatra statunitense e scrittrice, mette in luce il dramma di chi scopre di avere una malattia ereditaria nel suo romanzo “La scelta di Katie”. Il libro rivela come una patologia genetica sconvolge una famiglia, evidenziando l’importanza di una giusta consulenza per i test del DNA.

La storia ha tra i suoi protagonisti la Corea di Huntington, una malattia ereditaria che provoca la generazione progressiva del sistema nervoso. Chi ne è affetto perde il controllo sui movimenti volontari, ha scatti di rabbia e tic. È una patologia causata da una mutazione monogenetica: basta ereditare una sola copia del gene mutato per sviluppare la malattia. Il figlio di un malato avrà quindi il 50% delle probabilità di essere a propria volta malato.

Gran parte delle persone con un genitore affetto dalla Corea di Huntington rifiutano il test genetico. Vivono quindi con il perenne sospetto di essere malati, ma ciononostante si sposano e hanno dei figli. Solo intorno ai 35-40 anni, quando la malattia si manifesta, capiscono quale è la loro situazione. Poiché non esistono cure o trattamenti efficaci per la Corea di Huntington, il risultato è che per colpa di un gene in una stessa famiglia possono esserci diversi stadi della malattia. Il libro della dott.ssa Genova mette in luce proprio questa problematica.

Il romanzo, pur essendo in sé un’opera di fantasia, parte dalle esperienze di famiglie reali. Chi scopre di poter essere malato spesso ha paura di scoprire la verità, una paura che fa il gioco della malattia. Per questo motivo è fondamentale diffondere la conoscenza sulla Corea di Huntington e sui test che permettono di identificarla. Al contempo, è importante accompagnare i test con una consulenza psicologica, per affrontare anche le notizie peggiori.

Fonte: corriere.it

Add a comment

Cecità ereditaria reversibile con la terapia genetica

Una nuova terapia genetica potrebbe rendere reversibili alcune forme di cecità ereditaria. Lo rivela uno studio clinico dell'Oxford University, pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Protagonisti del trial clinico sono dei pazienti affetti da coroideremia, una malattia genetica rara che provoca una progressiva perdita della vista. Entro il prossimo anno partiranno sperimentazioni per l’applicazione del trattamento ad altre patologie.

La coroideremia provoca la degenerazione progressiva dell'epitelio pigmentato retinico e dei capillari coroidei, con conseguente perdita della vista. Il trattamento usa un virus come vettore per iniettare nell’occhio milioni di versioni sane del gene difettoso. Queste aiutano le cellule malate a rigenerarsi e migliorano le condizioni dell’occhio. Secondo lo studio, i miglioramenti per la vista sarebbero reali e duraturi.

Negli ultimi quattro anni, i ricercatori hanno testato la nuova terapia su 14 pazienti britannici e su 18 provenienti da Stati Uniti, Canada e Germania. Molti dei pazienti hanno manifestato i primi stintomi durante l’adolescenza ed erano sulla soglia della cecità. Il trattamento ha però bloccato l’avanzare della malattia e ha provocato un progressivo miglioramento della vista. I ricercatori ritengono inoltre che possa dare risultati ancora migliori su pazienti giovani, ancora nelle prime fasi della malattia.

Nonostante i risultati molto promettenti, il campione di pazienti è ancora esiguo. Sarà necessario proseguire con i trial, prima che il trattamento sperimentale diventi ufficialmente una cura.

Fonte: repubblica.it

Add a comment

Primi passi per il trattamento della sindrome di Krabbe

Un gruppo di ricerca dell'Istituto San Raffaele Telethon-Tiget di Milano ha testato con successo una nuova terapia genica contro la sindrome di Krabbe sulle scimmie. I risultati aprono la strada a future applicazioni sull’uomo.

La sindrome di Krabbe è una malattia rara provocata da mutazioni del gene Galc. Colpisce il sistema nervoso e provoca l’accumulo di sostanze tossiche nella mielina, ovvero il rivestimento delle fibre nervose. Insorge di solito entro i primi 6 mesi di vita e i soggetti colpiti muoiono entro i tre anni. Il trattamento, testato sulle scimmie, serve a correggere parte delle cellule nervose malate e a bloccare il danno neurologico.

I ricercatori hanno usato una versione modificata del virus dell’Aids per traghettare il gene Galc sano nel DNA delle cellule malate. Hanno iniettato il virus direttamente nel cervello, affinché le cellule esprimessero una proteina Galc sana. La proteina ha quindi viaggiato attraverso il tessuto nervoso, eliminando gli accumuli tossici presenti nella mielina.

I test erano già stati effettuati sui topi, con buoni risultati confermati dai test sui primati. L’infusione terapeutica risulta sicura ed efficace per la riduzione di alcuni sintomi della sindrome di Krabbe. Dopo le dovute osservazioni e ulteriori test, si potranno quindi avviare i test clinici.

La stessa tecnica è efficace per il trattamento della leucodistrofia metacromatica, malattia simile alla sindrome di Krabbe. In questo caso sono già in corso alcuni studi clinici avviati nel 2010, riguardanti un’altra terapia genica. La terapia in questione corregge in laboratorio alcune cellule staminali del paziente stesso e gliele somministra in seguito. È un trattamento che dà buoni risultati nella fase iniziale della malattia, ma che risulta solo in parte efficace quando la patologia è già sintomatica.

Lo studio è reso possibile dal sostegno della Fondazione Telethon, che sabato 21 e domenica 22 maggio sarà nelle più importanti piazze italiane, per vendere i suoi “Cuori di Biscotto” e raccogliere donazioni.

Fonte: nova.ilsole24ore.com

Add a comment