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Aurora magazine

La fecondazione a tre genitori è sicura

Il gruppo di Shoukhrat Mitalipov, dell’Università dell’Oregon, ha sottoposto a un test la tecnica della fecondazione a tre genitori. Il centro di ricerca sulla terapia genica ha quindi pubblicato i risultati sulla rivista Nature. Secondo l’articolo, la tecnica non solo è sicura, ma potrebbe prevenire il 99% delle malattie ereditate dalla madre.

Alcune malattie genetiche sono trasmissibili solo per via materna. Le anomalie sono infatti solo nel DNA dei mitocondri degli ovuli, le centraline energetiche delle cellule. Una tecnica di prevenzione molto discussa prevede l’uso di un ovulo donato, privo di nucleo. Gli scienziati inseriscono il DNA della madre nel nucleo e fecondano il tutto. Il risultato è un embrione tecnicamente figlio di tre genitori, dato che presenta il DNA di tre persone: quello dei due genitori e quello mitocondriale della donatrice. Per il momento la tecnica è legale solo nel Regno Unito e ha portato alla nascita di un bambino, perfettamente in salute.

L’articolo dell’Università dell’Oregon tratta il caso di un gruppo di donne portatrici di malattie mitocondriali. Tre di queste sono portatrici della sindrome di Leigh e una della sindrome di Melas. Sono entrambe patologie che intaccano la qualità e la lunghezza della vita, poiché la prima è una malattia neurologica progressiva e la seconda provoca crisi epilettiche. I ricercatori hanno usato la tecnica della fecondazione a tre genitori e hanno ottenuto embrioni con il 99% del DNA sano.

La bassa percentuale di DNA mitocondriale rilevato nelle cellule embrionali prova che la tecnica è sicura. Ciò dovrebbe diminuire i dubbi sulla sua applicabilità e aprire per le porte anche di altri paesi.

L'analisi del DNA diventa quindi sempre più importante sia dalla fecondazione, sia nel periodo prenatale. Con i test DNA fetale si possono infatti ottenere importanti informazioni sullo stato di salute del bambino prima della sua nascita.

Fonte: ansa.it

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La nonna che ha dato la luce a suo nipote

Se la statunitense Maddie Coleman è riuscita ad avere un figlio, il merito è anche di sua madre. La ragazza aveva perso l’uso dell’utero a causa di una grave malattia e non poteva permettersi una madre surrogata. Ecco quindi che è intervenuta la sua stessa madre, che a 48 anni ha accettato di ospitare il nipote nel proprio utero.

Quando aveva 14 anni, i medici avevano diagnosticato a Maddie una rara malattia, la sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser. La patologia colpisce l’apparato riproduttivo femminile e rende impossibile portare a termine una gravidanza. La notizia aveva gettato la ragazza in una profonda depressione, convincendola di non poter più realizzare il suo sogno di maternità.

Quando Maddie ha conosciuto il marito Tyler, l’impossibilità di avere dei figli l’ha nuovamente colpita in pieno volto. Nonostante Tyler sapesse fin dall’inizio della sua malattia e l’avesse accettata in pieno, la consapevolezza di non potergli dare dei figli la faceva comunque soffrire. D’altra parte l’idea di rivolgersi a una madre surrogata era infattibile, a causa dei costi troppo alti per loro. Ecco quindi l’idea: chiedere a sua madre di portare in grembo il nipote e di fare da surrogata.

Megan Barker, madre di Maddie, non ha esitato ad accettare la proposta della figlia. Dopo aver dato alla luce tre figli suoi, ha accolto in grembo anche quello di Maddie, ottenuto mediante fecondazione in vitro. Alla fine dei nove mesi, ha partorito Gus. Oggi il bambino sta bene e il merito è della forza di volontà di sua madre e di sua nonna.

Fonte: cbsnews.com

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Perché alcune donne faticano a concepire? Arriva una nuova risposta

Uno studio dell’Università di Southampton mostra gli effetti negativi dell’endometriosi sugli ovuli. Una conseguenza del disturbo sconosciuta fino ad oggi, che spiegherebbe i problemi di fertilità di molte donne. L’endometriosi è infatti una patologia cronica che colpisce circa il 10% delle donne, associata a dolore addominale e ciclo irregolare. Le conseguenze negative sulla fertilità erano in parte già note, ma non se ne conosceva appieno la portata.

Il presupposto per una corretta fecondazione è che l’ovulo sia maturo. Il processo di maturazione arriva a termine all’interno di appositi follicoli nelle ovaie, pieni di un fluido protettivo. Una volta che l’ovulo è pronto, l’ovaio lo rilascia affinché raggiunga l’utero. Quando la donna soffre di endometriosi, l’utero diventa un ambiente ostile, che rende più difficile la fecondazione. Fino ad oggi si dava però per scontato che il problema fosse esclusivamente questo. La ricerca, invece, mette in luce anche gli effetti negativi sullo sviluppo dell’ovulo.

Secondo lo studio, l’endometriosi blocca la maturazione dell’ovulo e lo danneggia. Contamina infatti il fluido di maturazione del follicolo, stimolando la produzione di radicali liberi che intaccano il DNA dell’ovulo. Quando viene rilasciato, quindi, l’ovulo non è maturo e non può essere fecondato.

Una possibile risposta agli effetti dell’endometriosi sarebbe l’assunzione di antiossidanti. Il team ha analizzato in particolare gli effetti della melatonina e del resveratrolo. I ricercatori li hanno aggiunti ad alcuni ovuli esposti al liquido follicolare di donne con l’endometriosi. Il risultato è stata una netta diminuzione dei radicali liberi e una migliore maturazione degli ovuli.

Il team dovrà ancora analizzare molti punti, ma la ricerca apre una strada interessante alla lotta contro gli effetti dell’endometriosi sulla fertilità.

Fonte: southampton.ac.uk

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Creare nuovi embrioni dai globuli polari?

Un gruppo di ricerca dell’Università dell’Oregon e del Salk Institute hanno scoperto come raddoppiare gli embrioni ottenuti con la fecondazione in vitro, usando però meno ovuli. La nuova tecnica è pensata per le donne più adulte, con uno scarso numero di ovuli fecondabili.

Molti ovuli umani contengono delle appendici chiamate globuli polari. Sono dei piccoli noduli di materiale genetico, residuo della divisione cellulare. In condizioni normali, scompaiono nel giro di poco tempo. I ricercatori hanno trovato un modo per trasferire questo materiale genetico residuo in un ovulo privo di DNA, fornito da una donatrice. L’ovulo così ottenuto può quindi essere fecondato e creare un nuovo embrione umano.

La nuova tecnica consente potenzialmente di raddoppiare il numero di ovuli ottenibili da una sola sessione di fecondazione in vitro. È inoltre utile per le donne aventi mutazioni dei mitocondri, possibile veicolo per malattie genetiche anche gravi. Consente infatti di massimizzare le possibilità di successo della fecondazione in vitro.

Come per altre tecniche di fecondazione che prevedono un donatore, anche questa ha generato alcune controversie di ordine morale. Ciononostante, diversi scienziati stanno mostrando notevole interesse per la nuova tecnica, che avrà bisogno di ulteriori test per essere applicata.

Fonte: telegraph.co.uk

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