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Aurora magazine

Collegamento tra carenza di vitamina D e autismo?

Diversi studi hanno già provato l’importanza del giusto apporto di vitamina D in gravidanza. La carenza può portare allo sviluppo di malformazioni nel feto, nonché di patologie che a volte di manifestano solo in età adulta.

Uno studio australiano ha individuato un collegamento tra carenza di vitamina D in gravidanza e autismo. Pare che un deficit della vitamina nelle prime 20 settimane di gestazione aumenti il rischio di danni neurologici nel bambino.

I ricercatori del Brain Institute dell’University of Queensland, insieme a quelli dell’Erasmus Medical Centre, hanno analizzato i campioni di sangue di 4200 puerpere e dei loro bambini. Hanno quindi separato i campioni con meno di 25 nmol/L di vitamina D, appartenenti a soggetti con una carenza della sostanza. Dalle osservazioni è emerso che un deficit di vitamina D nella madre è ricollegabile a un tasso maggiore di problemi nello sviluppo neurologico. Ciò significa che, là dove necessario, è consigliabile assumere degli integratori che consentano di allineare i valori di vitamina D alla norma.

Prima di questo studio, era già noto il ruolo della vitamina D nello sviluppo di ossa e sistema nervoso. Al di là delle patologie individuabili con uno screening prenatale, altre ricerche ne avevano collegato il deficit all’insorgere della schizofrenia in soggetti predisposti.

Fonte: lastampa.it

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Zika: il pericolo di microcefalia è più alto nei primi mesi di gravidanza

Gli scienziati dei Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie hanno confermato che, se contratta nei primi mesi di gravidanza, l’infezione da virus Zika aumenta il rischio di microcefalia nel bambino. L’articolo riporta 476 casi di microcefalia in Sud America da gennaio a novembre 2016, quattro volte quelli registrati nello stesso periodo nel 2015. Gran parte di questi sono ricollegabili a infezioni avvenute nel primo trimestre di gravidanza, massimo all’inizio del secondo.

Il picco di bambini microcefalici in Colombia è stato a luglio 2016, con 94 casi. L’evento è ricollegabile al picco di infezioni da Zika avvenuto 24 settimane prima del mese interessato, quindi verso gennaio. Il periodo corrisponde più o meno alla fine del primo trimestre e l’inizio del secondo delle donne coinvolte, il che fa presumere che l’infezione sia avvenuta in quel periodo.

Gli autori della ricerca fanno però notare di aver basato lo studio sui casi di microcefalia al momento del parto. Non hanno infatti conteggiato i bambini che hanno manifestato la microcefalia mesi dopo la nascita. Secondo uno studio brasiliano, sarebbe una mancanza grave, poiché ci sarebbero diversi casi di infezione da Zika congenita diventati manifesti solo nel periodo postnatale e quindi non rilevabili con esami prenatali.

I Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie riportano un aumento dei casi di Zika, anche al di fuori dell’epicentro in Brasile. In compenso, c’è stata una diminuzione delle infezioni veicolate dalle zanzare, quanto meno a Miami. Il merito sarebbe anche della riduzione dei viaggi verso le zone interessate dal fenomeno, come consigliato ad agosto dalle autorità.

Fonte: medscape.com

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Glucosio in gravidanza e malattie cardiache congenite

Uno studio dell’Università di Stanford suggerisce un collegamento tra alti livelli di glucosio in gravidanza e malattie cardiache congenite. La scoperta potrebbe aiutare a identificare le donne i cui bambini sono più a rischio, così da indirizzarle verso un apposito screening prenatale.

I ricercatori hanno misurato i livelli di zucchero di 19.107 donne in gravidanza, a partire da 4 settimane prima del concepimento fino alla fine del primo trimestre. Di queste 74 soffrivano di diabete gestazionale e 811 di patologie cardiache congenite. Il livello di glucosio medio nelle donne sane era di 96 mg/dl, di 107 mg/dl nelle donne con patologie cardiache. Hanno quindi incrociato i dati con le eventuali diagnosi di malattie cardiache congenite nel bambino.

Ogni 10 milligrammi per decilitro di più, il rischio che il bambino nascesse con malattie cardiache congenite saliva. Gli scienziati hanno rilevato il fenomeno anche in soggetti privi di altri fattori di rischio, quali massa corporea troppo alta, età e diabete. Tra le settimane 24 e 28, però, il fenomeno è andato calando. A partire da questo arco di tempo, infatti, i livelli di glucosio del sangue sono risultati slegati dallo sviluppo o meno di patologie cardiache nel bambino.

La scoperta potrebbe aiutare a sviluppare nuovi metodi per la diagnosi prenatale di malattie congenite del cuore. Basterebbe un’analisi del glucosio nelle prime settimane di gravidanza per capire se sia il caso di andare più a fondo. Nonostante molte malattie cardiache siano individuabili con una semplice ecocardiografia, è infatti difficile che una futura mamma esegua questi esami senza una motivazione precisa.

Una delle domande sollevate dalla scoperta, è la natura della correlazione tra livelli di glucosio e malattie cardiache. Livelli troppo alti di glucosio provocano lo sviluppo di patologie congenite, oppure sono il sintomo di altri fenomeni in corso? Saranno necessari altri studi per scoprirlo.

Fonte: medscape.com

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Dormire sulla schiena fa male al feto?

Secondo uno studio neozelandese, dormire sulla schiena durante la gravidanza potrebbe fare male al feto. A detta dei ricercatori, la posizione metterebbe il feto sotto stress e aumenterebbe il rischio di aborto spontaneo.

I dati sono però preliminari. Secondo Hannah Knight, del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, i dati presentati dallo studio sono inconsistenti e falliscono nel collegare posizione materna e salute del feto. Quindi è ancora presto per dare indicazioni su come dormire alle donne in gravidanza.

I ricercatori dell’Università di Auckland hanno coinvolto 29 donne tra la settimana 35 e la settimana 38 di gravidanza, tutte perfettamente in salute. Le hanno monitorate mentre dormivano a pancia in su, a pancia in giù, sul fianco sinistro e sul fianco destro. Le donne hanno tenuto ciascuna posizione per 30 minuti. Quando le donne dormivano sulla schiena o sul fianco destro, il feto tendeva a cadere in uno stato di sonnolenza. In questa condizione il feto usava meno ossigeno, rispetto a quando invece le donne dormivano sul fianco sinistro.

Secondo i ricercatori, la posizione sulla schiena costringerebbe il feto ad adattarsi a un calo di ossigeno. Questo ne aumenterebbe lo stress e, in presenza di fattori di stress aggiuntivi, la cosa potrebbe alla lunga fargli del male. Inoltre uno studio simile del 2011, condotto quella volta su 500 donne, aveva calcolato che 4 puerpere che dormono sulla schiena su 1000 incorrerebbero in un aborto spontaneo. Un dato interessante, se lo si compara con le 2 donne che dormono sul fianco sinistro su 1000 che incorrono nello stesso problema.

Lo studio è ancora parziale e preliminare. Tutte le donne coinvolte hanno terminato la loro gravidanza nei tempi e senza problemi. Per il momento, quindi, non è ancora il caso di preoccuparsi.

Fonte: livescience.com

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